giovedì 1 aprile 2010

Fitto paga l’unico flop: mi dimetto da ministro

Per Adriana Poli Bortone finirà tutto a tarallucci e vino. «Dimissioni di facciata», le definisce la senatrice del PdL che ha rovinato la festa elettorale di Silvio Berlusconi spianando la strada alla vittoria pugliese di Nichi Vendola. In realtà, il passo indietro di Raffaele Fitto, che ieri ha ufficializzato l’intenzione di lasciare l’incarico da ministro dei Rapporti con le regioni, è una bomba dalle conseguenze imprevedibili. Certo, l’atto era dovuto. Soprattutto alla luce dei numeri snocciolati ieri dalla Prefettura di Bari, che hanno certificato i danni del mancato accordo con il polo di centro. Il PdL è infatti risultato il primo partito in Puglia e Vendola è dovuto ricorrere, per avere i voti necessari a governare in Regione, non solo al premio di maggioranza (13 seggi), ma anche a quello di governabilità (altri 8). È difficile, però, credere che il caso Fitto finirà con un buffetto sulla testa. Chi ha sentito il Cavaliere in mattinata raccontava di un Berlusconi su tutte le furie. Al punto che secondo alcuni sarebbe stato lui stesso a sollecitare la lettera di dimissioni.


Che la candidatura di Palese fosse nata storta non è un mistero. Basti ricordare quello che disse un fedelissimo del premier come Giorgio Stracquadanio: «Una scelta tutta di apparato, resa pubblica con parole degne di un politburo, non di un partito carismatico». A complicare la vicenda, c’erano state le acrobatiche manovre dei finiani. Con gli ex An pugliesi a sparare contro la Poli Bortone. Mentre lo stesso Fini lavorava ad una soluzione alternativa in stretto collegamento con Casini. D’altra parte, se è vero che Fitto è plenipotenziario del PdLdella Puglia, il coordinatore regionale del partito è il senatore finiano Salvatore Amoruso.

Ora, tutti i nodi tornano al pettine. Ingigantiti da una tornata elettorale in cui, accanto al successo del centrodestra, si sono consumati confronti interni e prove di forza con cui il Cavaliere dovrà fare i conti. La Lega al Nord, Fini nel Lazio e in Calabria, la Destra di Storace, l’Udc di Casini. È questo l’intricato contesto in cui si inseriscono le dimissioni di Fitto, che i più cinici considerano l’occasione d’oro per avviare il percorso che porterà a un rimpasto considerato da molti inevitabile. Di sicuro, il caso Puglia apre le ostilità per il riassetto post elettorale non solo nel governo, ma anche dentro il PdL. Caotico, per ora, il fuoco delle reazioni.

La Poli Bortone punta il dito sui finiani. Dovrebbe seguire l’esempio di Fitto, dice, «tutta la classe dirigente del PdL, a partire dai 13 ex An firmatari della lettera contro di me». I finiani, per bocca dell’europarlamentare Salvatore Tatarella, scaricano subito la croce sul ministro: «Se Fitto non avesse obbedito a un miope calcolo di potere, oggi staremmo festeggiando la vittoria del centrodestra anche in Puglia». Vuole il passo indietro anche l’ex sottosegretario di Forza Italia, Maria Teresa Armosino. Gettano acqua sul fuoco, invece, il presidente dei senatori PdL Maurizio Gasparri e il ministro della Difesa Ignazio La Russa. Secondo gli ex An le dimissioni «sono un gesto di responsabilità che va respinto». Tesi condivisa dal coordinatore pugliese Amoruso. Quanto a Berlusconi, starebbe ancora riflettendo se accettare o meno il passo indietro di quello che, a lungo, è stato uno dei suoi pupilli. Chi ha parlato con il Cavaliere non ha avuto risposte definitive. «Vuole prendere tempo», riferisce uno dei fedelissimi. Non è escluso che Berlusconi decida di convocare l’ufficio di presidenza del PdL. La matassa dovrà però essere sciolta prima del Consiglio dei ministri che, a quanto si apprende, sarebbe fissato per domani mattina.

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