mercoledì 21 aprile 2010

L’Italia rischia sul deficit ma l’industria riparte

Guai in vista per Giulio Tremonti. Si abbassa ancora l’asticella delle previsioni sulla crescita italiana di quest’anno. Dopo il Fondo monetario internazionale, che aveva stimato uno 0,8%, ora arriva Standard & Poor’s che ci vede addirittura allo 0,5% (rispetto ad un precedente 0,5%). Percentuali ben lontane da quell’1,1% su cui il governo faceva affidamento solo qualche mese fa, presentando l’aggiornamento al Patto di Stabilità.
Uno scostamento che non presagisce nulla di buono. Crescere nel 2010 solo dello 0,5% significa infatti che la prospettiva di sforare il tetto del 5% sul rapporto deficit/pil non è così peregrina. E significa, di conseguenza, che il Tesoro potrebbe essere costretto ad intervenire in corsa per riportare i conti pubblici nei binari.
Nessuno per ora a Via XX Settembre vuole prendere in considerazione l’ipotesi. Ma il piano B, la cosiddetta manovrina estiva, è sempre nel cassetto. Una provvidenziale boccata d’ossigeno potrebbe arrivare dallo scudo fiscale. La proroga decisa dal governo è ormai in dirittura d’arrivo. Entro il 30 aprile tutti coloro che hanno deciso di far rientrare capitali non dichiarati detenuti all’estero, dovranno versare l’aliquota sostitutiva all’Agenzia delle Entrate. Le prime previsioni, però, parlano di un rientro di 15-20 miliardi di euro. Il che, calcolando la tassazione al 6% per i primi mesi dell’anno e al 7% per l’ultimo periodo, non produrrebbe quel gettito di 1,5-2 miliardi atteso dal ministro dell’Economia per coprire almeno le spese correnti.
I conti si faranno comunque ai primi di maggio, quando si saprà qualcosa anche rispetto all’andamento delle Entrate,  alla luce della prima scadenza delle dichiarazioni dei redditi dei lavoratori dipendenti che scatta sempre il 30 aprile.
Per ora, sul tavolo ci sono le ipotesi non incoraggianti dell’agenzia di rating, che pur riconoscendo nel «basso tasso di indebitamento privato, nell’alta percentuale di risparmio e nella resistenza del mercato immobiliare» alcuni punti di forza dell’economia italiana, ritiene che «il trand negativo di competitività e produttività» siano fattori cruciali che freneranno la crescita del Paese non solo nell’anno in corso, ma anche nel 2011. Con il pil che si attesterà all’1%, la metà di quanto stimato per l’intera Eurozona.
Segnali di cauto ottimismo arrivano però dall’industria italiana. A febbraio, secondo i dati diffusi ieri dall’Istat, il fatturato ha registrato un aumento del 4,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Stesso discorso per gli ordini, che sono cresciuti del 5,6% su febbraio del 2009. Che la ripresa sia ancora difficoltosa è dimostrato dall’andamento mensile. Il confronto con gennaio indica infatti un calo del fatturato del 2,6%. Più contenuta la frenata degli ordini che a febbraio sono scesi solo dello 0,4% rispetto a gennaio. Dati che però vanno letti anche tenendo conto che febbraio è il primo mese in cui l’industria ha fatto veramente i conti con il contraccolpo dello stop agli incentivi scattato alla fine di dicembre 2009. Se a questo si aggiunge il buon andamento dell’export, che a febbraio è balzato del 7,3% rispetto allo scorso anno, ce n’è abbastanza per poter guardare ai prossimi mesi con un po’ di ottimismo.

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