venerdì 25 novembre 2011

Da Termini al gas, 90 grane per Passera

L'agenda di Corrado Passera inizia a farsi complicata. Il neo superministro dello Sviluppo non ha ancora finito il giro di incontri con i dirigenti del dicastero, ma i dossier lasciati in eredità dal predecessore Paolo Romani sono già roventi. A partire da quello su Termini Imerese, il cui tempo è ormai scaduto. Ieri, mentre Passera era a Bruxelles per il suo esordio al Consiglio energia europeo, gli stabilimenti siciliani della Fiat hanno fatto girare le macchine per l'ultima volta. Da oggi per circa 1.600 lavoratori inizierà un periodo di cassa integrazione fino al 31 dicembre, quando il Lingotto metterà definitivamente i sigilli alla fabbrica. La via d'uscita è quella già definita dall'ex ministro e dalla Regione Sicilia con la firma del contratto di programma che prevede la cessione delle attività alla Dr Motors della famiglia Di Risio, che si è impegnata a riassumere, nel corso degli anni, 1.312 dipendenti. Il nodo da sciogliere è quello degli incentivi alla mobilità. Il budget messo a disposizione dall'azienda è per ora considerato insufficiente dai sindacati. L'incontro al ministero di mercoledì tra azienda e sindacati si è risolto in un nulla di fatto. Quello convocato per mercoledì prossimo rischia di finire nella stessa maniera.




I tavoli della crisi
La corsa contro il tempo non riguarda però solo Termini. Passera si trova a dover fronteggiare decine di vertenze le cui trattative sono ancora in corso e, spesso, in fase di stallo. Basti pensare che dal 2008 ad oggi Romani ha aperto 191 tavoli di crisi di cui solo 52 sono definitivamente risolti, 30 in corso di monitoraggio e 15 in stand by. Da gennaio a settembre i dossier attivati sono stati 94 di cui 17 per aziende in amministrazione straordinaria. Solo nel Sud ci sono ancora 26 fronti caldi da risolvere su cui Passera dovrà riprendere al più presto il lavoro interrotto. Tra le principali vertenze c'è sicuramente quella di Iribus, altra grana provocata dalla Fiat, che lo scorso luglio ha deciso di non produrre più autobus. Anche qui il Lingotto dovrebbe tirare avanti fino alla fine dell'anno, poi, per garantire l'occupazione dei 680 dipendenti dello stabilimento di Valle Ufita (Avellino), bisognerà trovare soluzioni alternative. C'è poi da risolvere la questione di Castellammare di Stabia, dove 700 lavoratori di Fincantieri rischiano di finire in mezzo alla strada. Mentre nel settore delle tlc il ministero sta cercando di contenere l'impatto delle amministrazioni straordinarie di Agile ed Eutelia. Nei trasporti, infine, particolarmente delicata è la vicenda della Firema, anch'essa in amministrazione straordinaria, a cui è legata la sorte di 690 addetti tra Caserta e Tito (Potenza).

Rigore e sviluppo
Ma le pratiche non riguardano solo l'occupazione. Dall'energia, ai trasporti, fino alle tlc. Tutto è praticamente in sospeso. Sul primo versante ieri Passera ha iniziato a muovere i primi passi partecipando al vertice di Bruxelles. Sul tavolo, il sostegno all'industria della raffinazione europea, la sicurezza dell'approvvigionamento, le infrastrutture, ma anche il nostro piano nazionale energetico, di cui si attende la revisione da quando il referendum ha bocciato l'opzione nucleare. «Ci sarà un bel piano», ha detto il ministro, assicurando di essere già al «lavoro», ma limitandosi a ripetere la formuletta di Monti sui contenuti: «Ci sarà pari attenzione a rigore e austerità da una parte e dall'altra a sviluppo e posti di lavoro». Oltre al piano Passera dovrà sciogliere in fretta i nodi della ridefinizione degli incentivi all'eolico e del rigassificatore di Brindisi, che a quasi nove anni dalla prima autorizzazione, è ancora bloccato dalla burocrazie. Il vertice al ministero con tutti i soggetti coinvolti era stato convocato per il 30 novembre.

Niente Intesa sul web
C'è, infine, la questione spinosa delle tlc, in particolare del rispetto dell'agenda digitale Ue sulla rete di nuova generazione. Sul piatto c'è il vecchio tavolo Romani per realizzare la banda ultralarga su tutto il territorio nazionale e l'opzione Metroweb, società controllata dal Fondo F2I (partecipato da Cdp), che si propone, con il sostegno di Telecom e Fastweb, di cablare solo le grandi città. L'ex banchiere Passera dovrebbe tifare per la seconda ipotesi, visto che Intesa è nel capitale di Metroweb e in quello di Telecom. Ma il ministro ha più volte espresso pubblicamente la convinzione che un piano infrastrutturale nazionale debba essere fatto con la collaborazione di tutti gli operatori, il che significa proseguire sulla strada di Romani. Tanto più che il dipartimento comunicazioni sta ancora lavorando al piano di una società misto/pubblica privata ed è anche riuscito ad ottenere l'assegnazione di 1,14 miliardi di fondi europei per la banda ultralarga nell'ambito del piano Eurosud. Lasciare i soldi a Bruxelles sarebbe un delitto e per Passera sarebbe l'occasione giusta per sgombrare il campo dalle polemiche sui suoi presunti conflitti di interesse.

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