Sarà pure il solito Silvio Berlusconi che straparla, ed esagera un po’ nel dipingere un’Italia festaiola e spensierata che riempie i locali, ma stavolta al posto dei risolini il Cavaliere raccoglie sostegni e attestati di stima. «Mi sembra che in Italia non ci sia una forte crisi. La vita in Italia è la vita di un Paese benestante, i consumi non sono diminuiti, per gli aerei si riesce a fatica a prenotare un posto, i ristoranti sono pieni», dice il premier durante la conferenza stampa conclusiva del G20, aggiungendo che il Paese sta scontando «un pregiudizio antico» e che l’attacco ai nostri titoli di Stato è «una moda passeggera». Frasi eccessive? Ottimismo fuori luogo? Forse. Sta di fatto che le parole di Berlusconi non fanno neanche in tempo a rimbalzare a Roma per la solita valanga di critiche e sberleffi che a Cannes inizia a parlare Barack Obama. E, sorpresa, il numero uno della Casa Bianca non solo dice le stesse cose, ma non fa che elogiare il Cavaliere. «L’Italia è un grande Paese, con una enorme base industriale, un grande benessere, grandi asset», parte il presidente americano, che prosegue sottolineando «i progressi» fatti dal nostro Paese e definendo «psicologica» la crisi.
Persino Nicolas Sarkozy scende in campo al fianco del presidente del Consiglio. «L’Italia non è sola» contro gli attacchi della speculazione, spiega il leader francese, aggiungendo che il nostro Paese è «una delle principali economie mondiali essenziale per la zona euro» e che il governo «ha preso le misure necessarie per riportare la fiducia e rafforzare il credito». Poi, a chi insiste sulle difficoltà interne di Berlusconi, il capo dell’Eliseo taglia corto: «Non è nostro compito cambiare i governi, né in Italia, né in Grecia».
Insomma, chi si aspettava che Berlusconi ancor prima che in Parlamento, fosse sfiduciato davanti al mondo dai leader del G20 è rimasto deluso. Anzi, la sensazione è che il Cavaliere torni dalla trasferta internazionale con qualche carta in più da giocare. Certo, l’aria resta pesante sia sul fronte politico, dove la rivolta interna cresce a vista d’occhio, sia su quello finanziario, dove i titoli di Stato italiani continuano a ballare, in barba all’esito del vertice. Ma ieri a Cannes si è capito che Europa e Stati Uniti (dove, tra l’altro, ci sono leader come Obama e Sarkozy tutt’altro che privi di problemi interni) avrebbero ben poco da guadagnare da un’Italia che finisca a gambe all’aria. E la discesa in campo del Fondo monetario internazionale, voluta, richiesta o imposta che sia stata, ha in qualche modo rotto l’isolamento dell’Italia e riportato il Paese (e il premier) all’interno di una strategia internazionale condivisa. «L’invito del primo ministro Berlusconi all’Fmi per certificare il piano di riforme italiano», ha spiegato Obama, «è un esempio di quelle misure necessarie che devono essere prese per riconquistare la fiducia». Stessa musica per Sarkozy, che ha definito «lodevole» la scelta di Roma di «fare appello alla Commissione Ue e all’Fmi».
A livello politico, è difficile stabilire con esattezza chi abbia vinto ieri a Cannes. C’è chi sostiene che Obama e Sarkozy abbiano semplicemente ottenuto quello che volevano. E cioè un gendarme internazionale che tenga al guinzaglio l’Italia anche nell’eventualità, sempre meno remota, di una crisi politica al buio che potrebbe portare incertezze ed instabilità sulla tenuta dei conti pubblici e sulle riforme. Anche dentro il Pdl qualcuno ritiene che il nostro Paese sia uscito dal G20 con le ossa rotte. D’altra parte, il Cavaliere pensa che il sostegno forte dei due leader mondiali e l’impegno preso con l’Fmi possa servire da scudo contro l’ipotesi di un governo tecnico. Non è un caso che Berlusconi abbia voluto sottolineare ieri, oltre al legame con Obama («un amico prezioso» che si è «comportato in maniera eccezionale verso l’Italia»), anche l’intesa con il Quirinale sulla certificazione delle politiche economiche italiane. «Siamo tutti sulla stessa barca, ringrazio Napolitano», ha detto il premier dopo aver spiegato che la richiesta al Fondo è stata concordata con il Colle.
Determinanti, a questo punto, saranno anche le risposte dei mercati. Ieri l’assedio non si è spostato di molto. Ma se lunedì, Grecia permettendo, la tensione sui titoli italiani si dovesse allentare, lo scenario potrebbe cambiare notevolmente.
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