lunedì 7 novembre 2011

Il Financial Times scomoda il Padreterno: Silvio dimettiti, in nome di Dio

«In the name of the god, go». Per mandare a quel paese Silvio Berlusconi sarebbe bastato citare un Travaglio o un Di Pietro qualsiasi. Ma il Financial Times ha una storia alle spalle. E per scagliarsi contro il Cavaliere ha voluto scomodare addirittura Oliver Cromwell, forse perché anche il condottiero inglese credeva negli unti del signore. C’è da stropicciarsi gli occhi nel leggere l’editoriale apparso ieri sulla bibbia dell’informazione economica anglosassone, che si conclude con la frase: «In nome di Dio, dell’Italia e dell’Europa, vai via!».

Concetto che ricorda molto da vicino la frase contro il premier “rubata” a Giulio Tremonti durante il vertice di Cannes e pubblicata, non a caso, sul blog dello stesso quotidiano londinese: «Ci sarà un disastro sui mercati se tu, Silvio, resti. Il problema per l’Europa sei tu». Dopo il giochino dell’indiscrezione, smentita dall’interessato, ma rimbalzata comunque su tutti i quotidiani, il Financial è tornato sul luogo del delitto, con un affondo che, qualsiasi cosa si pensi del Cavaliere e della sua ostinazione a restare in sella, non può non lasciare di stucco. Cosa direbbero a Londra se il Sole 24 Ore chiedesse le dimissioni di Cameron? Intendiamoci, non è la prima volta. Ad inaugurare la svolta pecoreccia dell’austero giornalismo anglosassone c’era già stato “l’unfit to lead Italy” (sempre rivolto a Berlusconi) sparato in prima pagina dall’Economist (guarda caso controllato dal Financial), che ieri tanto per gradire ha pubblicato un “sondaggio” che ci vede in recessione da gennaio. Resta difficile, però, mandare giù un intero articolo in cui i super esperti del giornale dalle cui pagine rosa pendono tutti gli analisti della City tentano di spiegarci che non solo Grecia e Italia sono sullo stesso piano, ma noi siamo anche più pericolosi. Il quotidiano londinese ammette che siamo in grado di pagare i nostri debiti, ma poi si getta lo stesso in un esercizio di fantasia sulle conseguenze catastrofiche del fallimento di un Paese con 1.900 miliardi di debito. Ad accomunarci alla Grecia (che, lo ricordiamo, è oggi tecnicamente in default malgrado centinaia di miliardi di aiuti) ci sarebbero, poi, i dissidi tra premier e ministro delle finanze. Una valutazione “raffinata” che spiega in parte per quale motivo un Paese definito anche ieri da Obama «solido e con una grande base industriale» sia finito nel mirino dei mercati. Come se non bastasse il Financial a spaventare gli investitori, ieri ci si è messa pure Christine Lagarde. Il direttore dell’Fmi, organismo a cui il governo ha chiesto di monitorare le nostre politiche economiche per tranquillizzare i mercati, ha spiegato che sottoporrà Berlusconi «al test della realtà». Se questi sono quelli seri, il Cavaliere merita delle scuse.

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