martedì 3 novembre 2009

Tregua Fini-Tremonti, ma solo sul Mezzogiorno

Dopo la tregua con Berlusconi e quella col partito, arriva anche quella con Gianfranco Fini. I fucili, intendiamoci, sono ancora puntati. Solo due giorni fa il presidente della Camera aveva avuto parole di apprezzamento per la cabina di regia sull’economia, aggiungendo che non c’era alcuna ragione di promuovere Giulio Tremonti a vicepremier. Ieri, però, complici il sole e la brezza “primaverile” di Capri, il ministro dell’Economia e Fini si sono alternati sul palco dei giovani industriali senza colpi bassi né sgambetti. Anzi, tra i due sono addirittura volati i complimenti. E dire che la giornata non era iniziata nel migliore dei modi.
il modello tedesco
Per giungere all’hotel del meeting il presidente è stato obbligato a percorrere un pezzetto di strada a piedi ed è stato immediatamente assediato dai cronisti. Palesemente irritato per la piccola folla che ha continuato a seguirlo, ad un certo punto è sbottato nei confronti di una cameramen: «Come te lo devo dire, in tedesco, di non rompere?». Appena salito sul palco, però, Fini non solo ha ritrovato la tranquillità, ma ha anche trovato il modo di offrire diversi assist a Tremonti sulle politiche per il Mezzogiorno, guardandosi bene dal toccare temi proibiti come le tasse e l’Irap. «Perché», ha proposto l’ex leader di An, «non pensare, nelle Finanziarie dei prossimi 8-10 anni, con proiezione di sistema, a un costante incremento per tutte quelle eccellenze di tipo tecnologico-scientifico che eventualmente allocate al sud dell’Italia rappresenterebbero una possibilità?». Intervenire in questa direzione, ha spiegato Fini, «ci porrebbe al riparo, tra un po’ di tempo, dall’amara costatazione che il trend italiano, a differenza di altri paesi, vede penalizzati gli investimenti a medio-lungo periodo». Il progetto, ha poi sottolineato per togliere ogni eventuale filo di polemica, vuole essere di ampio respiro e deve essere realizzato «tenendo conto delle risorse nazionali» a disposizione.
La palla è stata raccolta al balzo da un Tremonti che, stando alle indiscrezioni della vigilia, aveva pochissima voglia di venire a Capri a farsi mettere sulla graticola dagli imprenditori, dopo una settimana di fuoco in cui sono piovuti attacchi da ogni dove. E invece, grazie anche ad una buona regia messa in atto dagli sherpa dei vari contendenti, tutto è filato liscio come l’olio. Così, al posto delle pallottole sono arrivati i ramoscelli d’ulivo.
il partito del sud
L’idea di concentrare le risorse del settore della ricerca nei prossimi dieci anni al Sud, ha detto con entusiasmo il ministro dell’Economia, «è straordinaria perché può essere un motore di sviluppo». Aumentare gli investimenti, ha proseguito, «è possibile e necessario». E giù a ruota: «Lo Stato deve fare lo Stato e con Gianfranco non c’è alcun duello, ma un dialogo e io condivido quanto ha detto al congresso fondatore del Pdl e cioè opere pubbliche, legalità e ordine». Mancava solo l’abbraccio. Poi, incamminatosi sul filone delle risorse per il Mezzogiorno, il ministro ha ovviamente rilanciato il suo cavallo di battaglia delle ultime settimane. «Il divario tra Nord e Sud», ha detto, «è inaccettabile» ed è anche per questo che il governo ha già messo in campo alcune iniziative concrete, a «partire dalla creazione della Banca del Sud e da una diversa gestione dei fondi ad hoc». Progetti che potrebbero essere accelerati, ha concluso Tremonti, «se in parlamento» l’intervento annunciato di riduzione dell’aliquota sui capitali depositati in banca che vengono investiti al Sud, dall’attuale 12,5% al 5%, «diventasse un emendamento alla finanziaria». Altro che Irap.

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