giovedì 26 novembre 2009

Scajola scrive a Silvio: «Spendiamo di più». Ma Tremonti dice no

La fronda cresce. Dopo Renato Brunetta anche Claudio Scajola si arruola nel partito degli anti-Tremontiani. Con una bella lettera inviata direttamente a Silvio Berlusconi per «definire gli interventi sull’economia». Il ragionamento non fa una grinza. Visto che, come ha detto qualche giorno fa il sottosegretario Paolo Bonaiuti, la politica del rigore di Via XX Settembre è direttamente ispirata dal premier, allora è a lui che bisogna chiedere, scavalcando il superministro. Del resto, non è stato il Cavaliere a promuovere la cabina di regia sull’Economia?
Ed ecco allora un po’ di temi su cui discutere già oggi, quando l’organismo si riunirà per definire la linea da seguire nel passaggio della Finanziaria alla Camera. La missiva di Scajola contiene molti degli argomenti che da qualche mese animano il dibattito sulle misure necessarie per non restare appiedati nel dopo-crisi. È necessario investire sin da ora per dare vigore alla ripresa, sostiene il ministro, altrimenti il tasso di crescita sarà lento e rischiamo di perdere competitività rispetto agli altri Paesi. Nessun azzardo, visto che le risorse sono poche. Ma questo non significa che non si possa costruire, continua Scajola, una «scaletta delle priorità».
La lista della spesa
Ogni ministro, ha spiegato il titolare dello Sviluppo da Dubai, «fa la sua parte, individua delle priorità, ben conscio della difficoltà che ha Tremonti nel far quadrare i conti». Tali priorità, ha aggiunto Scajola, vanno quindi «conciliate con la visione di politica economica, che spetta all’Economia, ma con la regia del presidente del Consiglio, che deve essere conscio di tutti gli aspetti». Perché secondo il ministro dello Sviluppo, «non c’è un partito del rigore e uno della spesa». Ma «c’è una spesa improduttiva e una produttiva, come gli investimenti in ricerca e innovazione».
Parole chiare, che si scontrano però con il solito muro tremontiano. Non esistono «ricette magiche» e «c’è un tempo per gestire la crisi e un tempo per fare altro», ha ribadito ieri Tremonti dal palco dell’Unione industriale di Roma rivolto chiaramente a tutti quelli che scalpitano nella maggioranza e nel governo. Poi, rivolto a Brunetta seppure senza citarlo: «Sono uomo all’antica, preferisco discutere in Consiglio dei ministri».
Per quanto riguarda le tasse, la riforma fiscale a favore di famiglie e imprese si farà, ma non subito: «Entro la legislatura, e nel rispetto dei vincoli di bilancio». Di tagli alla spesa non se ne parla. Sono «difficili da fare», ha spiegato il ministro. «Ma davvero», ha detto, «pensate che si può dire ad un lavoratore: ti taglio l’Irpef ma ti taglio anche la sanità? Non ci sono ricette magiche e salvifiche» così come sarebbe «da irresponsabili prestare attenzione ai tanti dottor Stranamore».
Viva le Province
Stesso discorso sulle province: «Vuoi andare in tv e prenderti gli applausi? Allora vai a dire che vuoi tagliare le province, ma non è vero che tagliandole si risparmierebbero 8 miliardi perchè i costi politici sono di 2-300 milioni. Puoi tagliare i costi delle province ma non quelli delle strade o delle scuole». In ogni caso nella Finanziaria ci sarà «una norma molto forte sul numero degli assessori e dei consiglieri, sarà una norma malthusiana».
Il rigore (difeso in mattinata anche da Gianni Letta) resterà la stella polare, malgrado le buone notizie che potrebbero arrivare sul fronte dei conti. «Può essere», ha detto il ministro, «che chiudiamo il 2010 con un segno del Pil particolarmente positivo: 1% oppure di più. Ma la cosa importante è che partiamo da un -6%», da un calo cioè che nel 2008 è stato dell’1% e nel 2009 del 5% circa. Ragionamenti che non convincono affatto Scajola, che da Dubai ha replicato: «Per tornare ai valori del 2007 ci mettiamo 4 o 5 anni». Di qui le richieste contenute nella missiva, dove «la madre di tutte le battaglie» resta la riduzione del fisco. E sull’importanza di tornare a crescere insiste anche il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. «È arrivato il momento», ha detto all’assemblea Uir, «in cui il Paese deve cambiare marcia. Stare fermi, non è una soluzione».
Anche da Fitch, che ieri ha comunque definito «la situazione dell’Italia relativamente migliorata» è arrivato un invito ad accelerare sulle riforme. Mentre l’Ocse ha certificato una leggera diminuzione della pressione fiscale (dal 43,5% al 43,2% del Pil) nel 2008. Nello stesso periodo, però, il nostro Paese è salito al quarto posto della classifica dei più tartassati. Altre novità potrebbero arrivare oggi dal comitato per la stabilità finanziaria convocato dallo stesso Tremonti alla vigilia dell’inizio della discussione alla Camera sulla Finanziaria.

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