sabato 14 novembre 2009

Quel film che non piace né a Segio né ai parenti delle vittime

Vuoi vedere che alla fine il principale sostenitore del film sulle “gesta” di Sergio Segio sarà proprio Sandro Bondi? Già, perché al di là delle consuete polemiche sulla «destra arrogante» e «senza cultura», dalla conferenza stampa seguita alla proiezione del film è emerso con chiarezza che “La Prima Linea” non è proprio piaciuto a tutti. Anzi. I parenti delle vittime (i figli dei giudici Alessandrini e Galli, uccisi da Segio, in testa) ne hanno contestato duramente l’impostazione: un’altra storia raccontata con gli occhi dei terroristi, un’altra occasione persa per esprimere il punto di vista di chi è caduto sotto i colpi delle bande armate. Ma è piaciuto poco anche allo stesso ex leader di Prima Linea, che del film è stato ispiratore attraverso la sua autobiografia “Miccia Corta”. «Assai liberamente ispirato al mio libro», spiega Segio, «ne tradisce una caratteristica fondamentale: quella che riassume l’albero genealogico, i riferimenti ideologici, culturali, le famiglie di provenienza, le motivazioni, le aspirazioni, per quanto infine pervertite dalle pratiche». L’ex terrorista avrebbe preferito un racconto romantico, pieno di ideali, di sogni e di belle speranze. Ma avrebbe anche voluto, forse, che nel film si intravedessero con maggiore chiarezza i lineamenti del nemico, di quello Stato così terribile e infingardo che rendeva gloriosa e un po’ giusta ogni battaglia, anche la più spregevole. Perché, spiega Segio, «noi armati abbiamo avuto torto, tragicamente torto, terribilmente torto. Ma Loro non avevano ragione». Chi sono? «Gli apparati statali compromessi con lo stragismo, il sistema capitalistico di intenso sfruttamento e delle stragi sul lavoro, i rappresentanti politici di governo, gli uomini di partito che hanno alimentato la strategia della tensione, che hanno tramato per costruire svolte autoritarie e golpiste in Italia, dalla Rosa dei Venti alla P2». È lui, che chiede scusa ma non rinnega, che si pente ma poi, dopo trent’anni, ancora punta il dito sul «volto opaco della democrazia italiana», su chi «è stato complice omertoso» del mai fuori moda “doppio Stato”, l’eroe del film di Renato De Maria.
Ed è forse per questo che anche la Commissione che concede i finanziamenti al cinema ha avanzato più di una perplessità in fase di visione della sceneggiatura e poi dello stesso film. E a storcere il naso, qualche tempo fa, è stato anche il presidente della Repubblica. «Non so se lo vedrò. Altri mi diranno, lo giudicheranno. Poi deciderò», ha spiegato gelido Giorgio Napolitano.
Alla fine, come si diceva, le parole di sostegno più decise sono state quelle di Sandro Bondi. «Una narrazione attenta ai fatti, cruda, che non costituisce, a mio avviso, un’apologia del terrorismo, ma anzi contiene una netta condanna delle responsabilità di chi si è macchiato di orrendi delitti in nome di un’ideologia criminale», ha detto il ministro dei Beni culturali, che è stato però sommerso dalle critiche per aver aggiunto un suggerimento agli esperti che dovranno valutare la pellicola per il finanziamento. «Il rispetto alla memoria di tutte le vittime del terrorismo», ha spiegato Bondi, «imporrebbe di non usare fondi pubblici per finanziare questo genere di film».
I soldi. Ecco il problema. Il verdetto finale dei tecnici del ministero deve ancora essere emesso, ma a sorpresa la LuckyRed di Andrea Occhipinti ha annunciato di non volere più il contributo pubblico. Avrebbe «inquinato» la produzione, è stato detto durante la conferenza stampa di ieri. Ma allora perché non rinunciare subito? Il sospetto è che sia stato proprio l’affondo di Segio ad imporre la retromarcia. Quelle accuse di maccartismo rivolte a regista e sceneggiatore, che a suo dire avrebbero accettato le condizioni e i paletti imposti dalla censura di governo. Quelle allusioni neanche tanto velate al fatto che il film sia stato «scritto e girato a comando, con la libertà artistica legata al guinzaglio». Una cosa è certa: al ministero il rifiuto di Occhipinti è stato accolto con un gran sospiro di sollievo. A prescindere dall’esito della decisione, la bufera era assicurata.

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