sabato 14 novembre 2009

Tasse, slitta l'acconto Irpef

Prima l’Irap. Poi l’Irpef. Non c’è pace sulle tasse. Anche sul mini-rinvio il governo è riuscito a confondere le carte. Fino a mercoledì sera, il decreto annunciato al vaglio del Consiglio dei ministri prevedeva «Disposizioni in materia di differimento del versamento dell’acconto dell’Iras e dell’Irep». Di fatto si trattava di una riduzione, secondo le attese del 3%, dell’acconto sulle tasse solo per grandi imprese e società di capitale. Ipotesi che ancora nella mattinata di ieri veniva data per buona. Tanto che le associazioni dei “piccoli” avevano aperto il fuoco di fila, sostenendo di essere state escluse senza motivo dalla boccata di ossigeno. Del resto, anche nell’ordine del giorno della seduta si parlava espressamente di Irap e Ires. In sostanza, sembrava che si volesse concedere più tempo alle imprese che entro il 30 novembre devono versare il 60% dell’imposta, dopo aver sborsato a luglio il 40 per cento.
Nel pomeriggio lo scenario si ribalta. Irap e Ires escono di gioco. E l’aiutino arriva solo per l’Irpef. I piccoli festeggiano e i grandi restano a bocca asciutta. A trarre beneficio dal provvedimento, sempre che questa sia la versione definitiva, saranno dunque i professionisti, i piccoli negozianti e gli artigiani, ovvero il popolo delle partite Iva. Insieme alle società di capitali, resteranno invece fuori anche i dipendenti, che non pagano l’acconto al Fisco.
«Con esattezza», ha spiegato il sottosegretario alla Presidenza, Paolo Bonaiuti, «si tratta del taglio dell’Irpef, cioè dell’imposta sulle persone fisiche, per un valore di tre miliardi e seicento milioni. Una cifra importante perché riducendo gli acconti che i cittadini devono pagare entro la fine di novembre si lascia più liquidità nelle tasche della gente». Per essere ancora più precisi, il decreto legge approvato ieri dal Consiglio dei ministri riduce l’acconto Irpef da versare entro il prossimo 30 novembre di 20 punti percentuali, dal 99% al 79 per cento.
A provocare il cambio di marcia sarebbe stato, inutile dirlo, Giulio Tremonti. In particolare l’ostilità del ministro dell’Economia sarebbe stata suscitata proprio dall’ipotesi di intervenire sull’Irap, la tassa su cui si è combattuto il recente duello con il Pdl e con lo stesso Silvio Berlusconi. Il titolare di Via XX Settembre ha così preteso simulazioni e approfondimenti dei tecnici del ministero, che si sono risolti con l’eliminazione dal provvedimento dell’intervento sulle due imposte relative alle società e alle attività produttive. A sbloccare definitivamente la situazione, riferiscono fonti di Palazzo Chigi, sarebbe però stato un vertice a latere del Cdm tra Berlusconi, Tremonti e Gianni Letta.
La cifra finale dell’operazione dovrebbe essere di 3,8 miliardi e verrà coperta con le risorse provenienti dallo scudo fiscale. Le imposte saranno ugualmente dovute con il saldo a giugno e luglio del 2010. Il giochino consentirà dunque al governo di spostare di fatto i proventi dello scudo all’anno successivo. Cosa che darà un po’ di sollievo ai conti pubblici. Questo non toglie che ci sarà un beneficio temporaneo per l’economia, e i contribuenti. Complessivamente le partite Iva avranno in tasca 3,8 miliardi di euro di liquidità in più per spingere i consumi, nel periodo caldo delle compere natalizie, e affrontare con meno difficoltà le criticità provocate dalla crisi.
La misura non riguarda però i lavoratori dipendenti, che hanno trattenute in busta paga e quindi non avranno benefici. Ma anche loro, seppure di striscio, saranno toccati dalla misura: se hanno ad esempio altri redditi che dichiarano con Unico o con il 730 (collaborazioni, seconde case, affitti). Un beneficio ci sarà anche per coloro che hanno redditi assimilati a quelli di lavoratori dipendenti: è il caso dei separati e dei divorziati che ricevono l’assegno di mantenimento.
Positive, ovviamente, le reazioni delle associazioni di categoria. Anche se il presidente di Confapi, Paolo Galassi, ricorda «che queste misure da sole non bastano. All’economia italiana serve la misura delle misure, cioè l’eliminazione dell’Irap». Su quest’ultimo punto il confronto tra Parlamento e Governo è ancora aperto. Anche se la sensazione è che la mossa di ieri allontani ancora di più la speranza del taglio atteso in Finanziaria.

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