giovedì 15 ottobre 2009

Sorpresa a Mirafiori: gli operai lavorano ma gli impianti sono fermi

Ci risiamo. Non bastano la crisi, la cassa integrazione (ieri anche la Ferrari ha aperto la procedura in seguito al calo della Maserati), il crollo delle vendite, la lotteria degli incentivi. A complicare la vita degli operai della Fiat ci si mettono anche... gli operai. È quello che sta accadendo nella storica Mirafiori dove migliaia di lavoratori tra lunedì e ieri hanno incrociato le braccia. Il motivo? Nessuno che li riguardi. Il blocco della produzione delle carrozzerie è infatti dovuto allo sciopero di un altro stabilimento, quello della Ex Ergom (oggi gruppo Magneti Marelli) di San Benigno Canavese che produce i componenti in plastica. Lunedì sono rimasti a casa in duemila, tutto il secondo turno delle carrozzerie Mirafiori. E altrettanti, il primo turno della mattina, si sono fermati ieri.
Per quanto incredibile, il giochino non è nuovo. Qualche mese fa è successo nel comprensorio di Melfi, dove, come ha spiegato il segretario generale della Fismic Roberto di Maulo, «circa 10mila lavoratori sono stati costretti a rimanere a casa per colpa della protesta di un centinaio di lavoratori». Quest’ultimi erano sempre della ex Ergom. Un anno fa, sempre per colpa di componenti che non arrivano, toccò alla Sicilia. Lo sciopero indetto alla ex Ergom contro la decisione dell’azienda di non rinnovare 23 contratti in scadenza provocò il blocco per diversi giorni dello stabilimento Fiat e di tutte le ditte dell’indotto di Termini Imerese.
I dipendenti della ex Ergom non hanno invece alcuna colpa della cattiva giornata di Borsa che ha vissuto ieri il titolo Fiat. In mattinata le azioni, complice anche un giudizio positivo di Mediobanca, hanno continuato a muoversi lungo la via dei guadagni, arrivando a toccare un massimo di 11,47 euro, con un progresso di oltre 4 punti percentuali. Da lì sono scattate le prese di profitto degli investitori, che hanno iniziato a vendere portando il titolo ad invertire la rotta, tanto che il gruppo guidato da Sergio Marchionne ha terminato gli scambi a 10,75 euro, in calo del 2,45%.
La flessione, dopo il boom di lunedì (+6,6%), non stupisce più di tanto. Le vendite erano infatti inevitabili dopo che la Fiat ha messo a segno un rialzo di oltre il 20% in poco meno di 10 sedute. «È difficile fare il 6% ogni giorno. È difficile che possa continuare», ha commentato il vicepresidente della Fiat, John Elkann, il quale ha poi ricordato che le prossime tappe significative per il Lingotto saranno i dati della trimestrale il 21 di ottobre e la presentazione il 4 novembre a Detroit del piano industriale.

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