sabato 24 ottobre 2009

Scajola difende il documento anti-Tremonti: «Il ministro è spigoloso, noi poniamo temi veri»

«La vera bufala del documento anti-Tremonti consiste nel fatto che qualcuno abbia proposto a me o ad altri colleghi un documento il cui scopo sarebbe quello di attaccare il ministro dell’Economia». Ma sui contenuti Claudio Scajola non si nasconde. «Mi pare», spiega a Libero il ministro dello Sviluppo Economico, «che sia un collage di idee e proposte che circolano nel Pdl e nei gruppi parlamentari. Idee spesso condivisibili, di cui si discute anche con Tremonti alla luce del sole».
Ma allora ha ragione Gasparri quando dice che non c’è alcun complotto, ma solo insofferenza sulla gestione della politica economica?
«Che ci sia una dialettica vivace tra il ministro che deve tutelare i conti pubblici, e a volte lo fa forse con atteggiamenti un po’ spigolosi, e i ministri della spesa o i parlamentari non mi pare una grande novità. Quanto alla Finanziaria, la collegialità delle decisioni è un’esigenza che tutti avvertono, e che si attua in Consiglio dei ministri. Infatti in quella sede abbiamo definito, in pieno accordo con Tremonti, che quando conosceremo i proventi fiscali dello scudo e l’andamento dell’economia interverremo con nuove misure condivise anche con il Parlamento».
È vero quello che sostiene Fini che il blocco da parte del ministro dell’Economia su qualsiasi legge che preveda una copertura con le risorse pubbliche ha congelato l’attività legislativa?
«In tempi difficili come gli attuali la disponibilità di fondi pubblici per assicurare la copertura delle leggi di spesa è più ridotta e dunque ci sono maggiori difficoltà. Il problema posto dal Presidente della Camera esiste: bisognerebbe che tutti facessimo uno sforzo per immaginare riforme a costo zero e riforme che abbiano un immediato ritorno in termini di crescita economica e dunque di gettito fiscale aggiuntivo, come per esempio un forte impulso alla ricerca, all’innovazione attraverso strumenti come il credito d’imposta».
Ieri Berlusconi ha annunciato la progressiva riduzione dell’Irap. Si tratta di una svolta o di un ritorno al programma del PdL?
«Berlusconi ha raccolto il consenso della maggioranza degli italiani per cambiare l’Italia. E cambiare l’Italia significa fare le riforme istituzionali e della giustizia e ridurre le tasse e la spesa pubblica. La crisi ci ha messo di fronte all’emergenza di salvare i posti di lavoro e le imprese, ma ora che la crisi sembra in via di superamento bisogna avviare le riforme strutturali, a partire da quella fiscale. Nel messaggio all’Assemblea degli artigiani Berlusconi ha dichiarato che il governo ha allo studio interventi per ridurre la pressione fiscale, a partire dal taglio graduale dell’Irap, aumentare i consumi e agevolare gli investimenti. Ma bisognerà cominciare a pensare concretamente anche al “quoziente familiare” per ridurre la pressione fiscale sulle famiglie numerose».
Non pensa che finora il governo abbia un po’ trascurato le piccole imprese e le partite Iva?
«Il disagio delle piccole imprese è reale. Ma penso di avere la coscienza a posto. I maggiori interventi del governo sono andati proprio a loro: penso al Fondo di garanzia per il credito che abbiamo esteso all’artigianato e che in nove mesi ha dato risposta ad oltre 15mila imprese, il 70% in più rispetto al 2008; penso all’Iva per cassa; penso alla revisione degli studi di settore. E in un prossimo Consiglio dei ministri vareremo la Direttiva sulle Pmi che recepisce lo Small Business Act europeo e contiene misure molto importanti come incentivi alle aggregazioni di aziende per innovare o andare insieme all’estero e snellimenti burocratici».
Crede che le risorse che arriveranno dallo scudo fiscale saranno sufficienti a finanziare gli interventi per far ripartire il Paese?
«I proventi dello Scudo non sono le uniche risorse su cui contiamo. Ci sono anche i fondi della Cdp e della Sace, che sono stati mobilitati per garantire la liquidità delle imprese. Ci sono i 90 miliardi di fondi europei e nazionali per gli interventi nel Mezzogiorno che dovremo spendere entro il 2013».
Non pensa che sia arrivato il momento, come chiedono da tempo l’Europa e il governatore di Bankitalia, di mettere mano alla riforma delle pensioni?
«Sulle pensioni siamo già intervenuti con due provvedimenti significativi: l’equiparazione dell’età pensionistica tra uomini e donne nel pubblico impiego e l’adeguamento delle pensioni all’aumento dell’età media della popolazione dal 2015. Si potrebbero accelerare alcune misure o introdurne altre, ma il nostro sistema pensionistico è in equilibrio nel lungo periodo».

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