giovedì 15 ottobre 2009

La carica del mini-dollaro soffoca la ripresa italiana

Un piccolo passo indietro. Mentre la Casa Bianca festeggia il Nobel della pace assegnato a Barack Obama, il dollaro ieri ha rallentato la sua corsa verso il basso. Un po’ per le parole della Federal Reserve, con il presidente Ben Bernanke che ha rassicurato i mercati annunciando una stretta monetaria quando l’inflazione farà capolino, un po’ per il calo inatteso del deficit commerciale Usa di agosto, sta di fatto che il biglietto verde è riuscito ad alzare leggermente la testa. L’euro ha infatti chiuso in rialzo nei confronti di tutte le principali valute meno che sul dollaro.
Ma il problema è tutt’altro che risolto. L’idea che l’amministrazione Obama stia giocando col mini-dollaro per svalutare il valore del debito pubblico e rilanciare le esportazioni è ormai convinzione diffusa di tutti i principali osservatori economici e finanziari. Il si salvi chi può è già scattato nel Far East. Le banche centrali di Sud Corea, Taiwan, Filippine, Thailandia, Hong Kong e Indonesia stanno da alcuni giorni comprando dollari a mani basse per cercare di frenare l’apprezzamento delle loro valute che sta soffocando l’export.
Molto più complicata appare la situazione di Eurolandia. Giovedì Jean Claude Trichet ha messo le mani avanti, annunciando un’azione coordinata sui cambi per congiurare gli effetti nefasti di un’ulteriore scarica di rialzi dell’euro sul dollaro. È chiaro infatti che con un rapporto che si invola verso 1,50 i segnali di ripresa che si vedono in Europa e in Italia andranno facilmente a farsi benedire. Come ha diplomaticamente detto il presidente della Bce, «per le grandi valute, una volatilità eccessiva e movimenti disordinati nei cambi hanno implicazioni avverse per l’economia». Trichet ha poi assicurato che «coopereremo con gli Usa nella misura in cui è appropriato».
Ma è evidente che gli States, con il deficit federale salito ai massimi da vent’anni e la disoccupazione che sfiora il 10%, a tutto stanno pensando tranne che a cooperare. Ed è altrettanto evidente che a farne le spese sarà soprattutto l’Italia.
Se al primo posto del nostro export resta la Germania, sebbene nel 2008 il valore delle esportazioni verso questo paese sia diminuito dell’1,3%, seguita dalla Francia (-2,5%), e dalla Spagna (-12,7%), gli Stati Uniti campeggiano ancora al quarto posto, con un volume di esportazioni che nel 2008, secondo l’ultimo rapporto dell’Ice, è già diminuito del 5%. Mentre secondo i dati dell’Istat nei mesi da gennaio ad agosto del 2009 il calo è stato ben più consistente, del 24,9 per cento.
Cosa si può fare per accelerare l’indebolimento dell’euro? «Le banche centrali al di fuori della Cina stanno cercando aggressivamente di difendere la propria competitività rispetto a un apprezzamento delle loro monete in seguito all'indebolimento del dollaro» spiega al Financial Times, Simon Derrick, di Bank of New York Mellon. Ma l’ampiezza dei mercati impedisce che mosse di questo tipo abbiano un impatto sul dollaro. Per Eurolandia un intervento della Bce finalizzato esclusivamente a difendere l’euro, acquistando valuta Usa, non andrebbe al di là dell’effetto simbolico. Per ora, insomma, si resta appesi alle decisioni di Washington.
Nel frattempo, però, arriva una buona notizia dall’Ocse, che vede segnali di ripartenza più decisi del previsto. L’Italia, in particolare, nell’elaborazione della periodica misurazione spicca fra tutte le economie dell’Organizzazione con uno scatto di 10,4 punti rispetto all’agosto di un anno prima, segnando un incremento di 2 punti su base mensile a 106 punti.
Nel complesso dell’aera Ocse il Superindice ha mostrato un incremento di 1,5 punti ad agosto (+0,6 sul corrispondente mese del 2008) a 99,2. È salito anche negli Usa di 1,6 a 97,4 punti, ma è risultato di 1,6 punti più basso di un anno prima. Nell’Eurozona è invece aumentato di 1,7 a 102 punti ed è risultato di 4,1 punti sopra ad agosto 2008.

libero-news.it