venerdì 2 luglio 2010

Il controllo dell’Eni passa alla Cdp

Nei prossimi mesi a Via XX Settembre balleranno circa 10 miliardi. Con la conseguenza imprevista che il controllo dell'Eni passerà alla Cassa depositi e prestiti. È la partita di giro con cui Giulio Tremonti ha messo la parola fine al lungo braccio di ferro con l'Antitrust. Un contenzioso partito nel 2005 e reso via via più pressante dalle sentenze del Tar prima e del Consiglio di Stato poi.
Oggetto del contendere, la compresenza in pancia alla Cdp (controllata al 70% dal Tesoro e al 30% da 65 Fondazioni bancarie) di pacchetti azionari di Terna (il 29,9%) e di Enel (il 17,3%). Una convivenza inopportuna secondo l'Autorità guidata da Antonio Catricalà, che l'anno scorso considerata la situazione difficile dei mercati aveva concesso a Via XX Settembre 12 mesi di proroga.
L'attesa non è però stata vana. Il ministro dell'Economia ha infatti spiazzato tutti con un'operazione ben più ampia del previsto. Ci si aspettava una cessione di una quota sufficiente a far scendere la partecipazione dell'Enel sotto la soglia di quella di Terna. Invece, il cda della Cassa presieduto da Franco Bassanini ha deliberato ieri mattina (ultimo giorno utile per non incappare nelle ire dell'Antitrust) la vendita non solo dell'intero pacchetto di azioni del colosso energetico, ma anche delle partecipazioni detenute in Poste Italiane (il 35%) e di StMicroeletronics (il 13,7% controllato attraverso il 50% di Stm Holding).
In un colpo solo la spa guidata dal neo ad di fede "bazoliana" voluto da Tremonti, Giovanni Gorno Tempini, ha fatto piazza pulita di tre delle cinque principali partecipazioni azionarie. Tradotto in cifre, secondo il valore iscritto a bilancio dalla Cdp, si tratta complessivamente di circa 9,7 miliardi. Quote che nel 2009 hanno portato nelle casse della spa pubblica 405 milioni di dividendi.
Cifre che dovrebbero rientrare in tempi ragionevoli attraverso quello che in gergo tecnico viene definito "swap" con azioni dell'Eni. L'entità dello scambio sarà oggetto di valutazione nei prossimi mesi. La Cdp ha infatti annunciato la nomina di un advisor indipendente che si occuperà della questione.
Facendo due calcoli a spanne e considerando che l'attuale quota del 9,9% dell'Eni detenuta dalla cassa è iscritta a bilancio per 7,1 miliardi è facile ipotizzare che la percentuale si aggirerà tra il 12-15% del Cane a sei zampe. Il che significa che al Tesoro rimarrà una mini-partecipazione tra il 5 e l'8%, mentre la Cassa diventerà il vero azionista di controllo con una quota che potrebbe sfiorare il 25 per cento.
Dalla spa guidata da Bassanini e Gorno Tempini fanno sapere che è stata colta l'occasione dell'obbligo Antitrust per dare il via ad una razionalizzazione complessiva delle partecipazione con l'obiettivo di mantenere e rafforzare quelle più vicine alla mission della Cdp, ovvero gli investimenti in reti e in infrastrutture. Ma l'operazione studiata dal Tesoro sembra andare ben oltre il semplice riassetto del portafoglio.
Per quanto riguarda l'Eni si tratta di un passaggio significativo. Il controllo di una delle principali aziende strategiche italiane finisce infatti per la prima volta in mano ad un soggetto misto pubblico-privato, con le Fondazioni guidate dal battagliero presidente dell'Acri nonchéè grande azionista di Intesa Sanpaolo (attraverso la Fondazione Cariplo), Giuseppe Guzzetti, che potrebbero voler dire la loro sulle operazioni rilevanti e sugli indirizzi industriali.
Non solo. Il trasferimento di quote potrebbe anche creare problemi all'annunciata cessione da parte dell'Eni del gasdotto europeo Tag proprio alla Cdp. Una cessione imposta dall'Antitrust Ue per garantire il rispetto della concorrenza tra i vari operatori che utilizzano il metanodotto che dalla Russia, attraverso l'Austria, arriva fino in Italia. Si accontenterà Bruxelles di un'operazione in cui venditore e acquirente praticamente coincidono? Senza contare la questione della definizione del prezzo (circa 800 milioni), finora considerato da Bassanini il vero nodo da sciogliere per dare il via all'operazione. Chi sarà ora a stabilirlo?
Non meno implicazioni si nascondono dietro la cessione di Poste.
Va infatti ricordato che la Cdp, oltre al 35% del capitale, possiede una convenzione con la società guidata da Massimo Sarmi per la distribuzione dei buoni fruttiferi e dei libretti postali. Un business enorme, con una raccolta che nel 2009 ha sfiorato complessivamente i 190 miliardi, finito più volte nel mirino della Ue per violazioni delle norme sugli aiuti di Stato. Ora le Poste, proprio alle porte della liberalizzazione del settore prevista per il 2011, torneranno interamente in mano pubblica.

© Libero