martedì 6 luglio 2010

Un volo da 10 miliardi per Alitalia

Se è vero, come ha detto Roberto Colaninno qualche tempo fa, che «la vera partita si giocherà nel 2011», l’accordo firmato ieri potrebbe essere un tassello importante nel destino di Alitalia. La ex compagnia di bandiera ha infatti ufficializzato l’ingresso nella joint venture transatlantica insieme ad Air France-Klm e a Delta Air Lines. Lanciata nel 2009, l’alleanza potrà ora contare sul controllo del 26% circa dell’intera capacità aerea transatlantica, con ricavi annui stimati per oltre 10 miliardi di dollari. Le quattro compagnie partner condivideranno, almeno fino al 31 marzo del 2022, costi e ricavi delle proprie rotte attraverso l’Oceano. Per Alitalia, ha spiegato l’ad Rocco Sabelli, significa un impatto positivo sui conti, «nell’arco dei prossimi 2-3 anni, di 50 milioni in termini di reddito operativo».

Network integrato
Per i passeggeri significa un accesso privilegiato al più grande network transatlantico al mondo con quasi 250 voli e 55 mila posti offerti al giorno, che oggi comprendono 20 voli giornalieri tra 5 scali negli Stati Uniti e gli aeroporti di Fiumicino e di Malpensa. Roma si unisce ad Amsterdam, Atlanta, Detroit, Minneapolis, New York Jfk, Parigi Charles De Gaulle, quale hub principale della joint venture, con ulteriori collegamenti transatlantici da Cincinnati, Milano Malpensa, Memphis e Salt Lake City. Dovunque, i diritti di traffico lo consentano, le compagnie offriranno collegamenti in code share tra gli Usa e l’Unione, e in molti casi ci saranno collegamenti tra gli scali europei e statunitensi perfettamente integrati tra le quattro aerolinee.
Il perimetro geografico della joint venture include tutti i voli tra il Nord America e l’Europa, tra Amsterdam e l’India e tra il Nord America e Tahiti. Come ha detto Sabelli, l’alleanza rappresenta il «modello più evoluto di cooperazione tra compagnie nel mondo che va oltre il modello di Skyteam».
Malgrado la grandiosità del progetto, che Sabelli definisce «uno dei pliastri strategici del piano Fenice», l’accordo non sarà ovviamente sufficiente a risolvere tutti i problemi di Alitalia.

Niente aumento
La strada verso il risanamento della compagnia è ancora lunga e non priva di insidie. Qualche settimana fa è stato lo stesso presidente Colaninno a paventare il rischio di un’ulteriore iniezione di risorse fresche da parte dei soci se le cose non dovessero andare bene. L’obiettivo iniziale era infatti il pareggio operativo nel 2010. Il traguardo è stato spostato nel 2011 anche per colpa della crisi internazionale che ha portato difficoltà inattese. Ma la tolleranza di un anno era prevista dal piano ed è quindi, ha detto Colaninno, «tollerabile». Ma se così non fosse, ha aggiunto, «dopo la perdita di 320 milioni accusata nel 2009, Alitalia avrà bisogno di soldi».
La prospettiva non è comunque ancora all’orizzonte. La compagnia ha chiuso il primo trimestre con ricavi a 639 milioni, in crescita rispetto ai 515 milioni del primo trimestre 2009. Anche il risultato operativo (-125 milioni) è migliorato rispetto allo scorso anno (-210 milioni). Al 31 marzo la disponibilità liquida totale risultava di 390 milioni. Su quest’ultimo fronte le cose sono leggermente migliorate. «Al 30 giugno abbiamo 500 milioni di disponibilità finanziarie tra cassa e linee di credito disponibili», ha precisato l’amministratore delegato. Il che vuol dire che, per ora, «non sono previsti aumenti di capitale» e che «i target del piano, aggiornato il 12 maggio scorso, sono raggiungibili».  In ogni caso, ha proseguito, «se azionisti importanti, come Colaninno e Benetton che insieme fanno il 13 o 14% del capitale, si dicono pronti a mettere altri soldi nel caso ve ne fosse bisogno, dov’è il problema? Per me è un segnale di fiducia, una cosa positiva».

La fusione non si fa
Nel secondo trimestre dell’anno, complice anche la nube dell’impronunciabile vulcano islandese, le cose sono andate un po’ meno bene. Nei primi tre mesi il numero di passeggeri era cresciuto del 7% mentre il load factor (coefficiente di riempimento degli aerei) era aumentato di 12,5 punti percentuali, da 52% a 64,5 per cento.
Complessivamente nel semestre le percentuali hanno subito una leggera frenata. L’aumento dei passeggeri si è attestato al 3%, mentre il fattore di riempimento è cresciuto del  9%. In leggera flessione rispetto al primo trimestre anche l’aumento del traffico intercontinentale (+30%) e quello internazionale (14%). Si tratta, in ogni caso, di valori crescenti sul 2009, che dovrebbero far ben sperare e che Sabelli giudica «molto soddisfacenti».
Quanto alle conseguenze dell’accordo, l’ad ha escluso che l’alleanza costituisca una prima tappa verso la fusione con Air France-Klm, già azionista di maggioranza della nuova Alitalia. L’operazione non è «nei nostri piani né nelle nostre prospettive», ha detto Sabelli, cui ha fatto eco il presidente e ad della compagnia franco-olandese Pierre Henri Gourgeon: «Il nostro obiettivo era questo. Ora siamo nella piena collaborazione come era stato programmato».

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