Per recuperare il ritardo italiano nella banda larga e puntare a raggiungere gli obiettivi posti dall’Agenda europea sul digitale servono «piani operativi» per la nuova rete di telefonia da parte degli operatori che dovrebbero evitare «costose duplicazioni» e dar vita ad un Progetto Italia.
Ieri, dopo la bacchettata lanciato da Corrado Calabrò durante la presentazione della relazione annuale dell’authority per le Tlc, tutte le società si sono affrettate a dichiarare la propria disponibilità a collaborare. Anche l’ad di Telecom, Franco Bernabé, ha assicurato che sulla banda larga ultraveloce ci può essere sinergia.
Eppure, solo qualche settimana fa l’ex monopolista e gli operatori alternativi (Vodafone, Wind, Fastweb e Tsicali) si contendevano Roma quartiere per quartiere in una gara a chi cablava più famiglie con la fibra ottica.
Telecom aveva annunciato l’avvio di un piano per collegare 15mila abitazioni in Prati, per poi passare entro la fine dell’anno ad 80mila, coinvolgendo le zone Belle Arti, Appia e Pontelungo.
Mentre Fastweb, Wind e Vodafone rispondevano con una sperimentazione nell’area di Collina Fleming con l’obiettivo di collegare 7.400 abitazioni alla Ngn (rete di nuova generazione) entro luglio.
Non sappiamo se gli abitanti dei quartieri finiti nel mirino abbiano effettivamente a casa la banda larga. Di sicuro, però, quello che è successo nella Capitale è esattamente quello che ieri ha denunciato Calabrò come uno degli ostacoli al progetto per realizzare la nuova rete in Italia. E cioè «la parziale sovrapposizione delle aree geografiche d’intervento, senza coordinamento delle opere di posa».
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