venerdì 3 giugno 2011

Oltre l’80 per cento degli affitti nascosto al fisco

Meno di 44 anni, uomo, lavoratore autonomo. È questo l’identikit dell’evasore tipo uscito da uno degli studi che in questi giorni si accumulano sulla scrivania di Enrico Giovannini, che oltre a presiedere l’Istat guida uno dei quattro gruppi di lavoro istituiti da Giulio Tremonti per fotografare il fisco italiano.

Il lavoro va preso con le molle. Dal momento che il sommerso non sarebbe tale se se ne conoscesse l’entità, alcuni economisti hanno tentato una proiezione incrociando i dati sui redditi delle famiglie raccolti dalla Banca d’Italia in modo anonimo con quelli dichiarati dai contribuenti. Il risultato è che ogni italiano nasconderebbe in media al fisco 2.093 euro, il 13,5% del proprio reddito. I più attivi sarebbero gli uomini, che nascondono alle entrate il 17,3% dei loro guadagni contro il 9,9% delle donne, con meno di 44 anni (il 19,9% che diventa il 10,6% tra i 44 e i 64 e il 2,7% oltre). Scontata la rilevazione sulla tipologia di lavoratori: gli autonomi evadono il 56,3%, i proprietari di immobili addirittura l’83,7%, mentre chi ha il doppio lavoro sottrae al fisco il 44,6%. Dall’incrocio dei numeri emerge poi un curioso dato negativo per i dipendenti, che pagherebbero l’1,6% di tasse in più, e i pensionati, che danno al fisco uno 0,8% non dovuto del  reddito. Quanto alla distribuzione geografica, il tasso di evasione più alto è al Centro (17,4%). Segue il Nord, col 14,8%, e il Sud, col 7,9%.
Percentuali che poco si accordano con quelli sfornati solo qualche mese fa dall’Agenzia delle Entrate e ricavati, in questo caso, dall’evasione scovata. In termini di maggiore imposta non dichiarata e scoperta dagli agenti del fisco con i controlli le tasse sottratte sono il 17,7% del totale, che diventano il 38% se si tolgono le imposte pagate dai dipendenti, che non possono evadere. La variazione geografica qui è tutta a sfavore del Sud, dove il tasso di evasione arriva ad una media spaventosa del 64,4%
L’entità complessiva del fenomeno su cui il ministro dell’Economia dovrà lavorare parecchio per riequilibrare il sistema fiscale italiano è in parte già nota. Si tratterebbe di un valore che nel 2008 si aggirava tra i 255 e i 275 miliardo (circa il 15-16% del pil) spalmato su 2,9 milioni di irregolari. Sulla carte, si tratta di una torta che potrebbe tranquillamente permettere a Tremonti di abbssare le tasse, rispettare gli impegni europei e finanziare anche un po’ di nuove voci di spesa. Nella realtà, è un buco nero da cui nessuno finora è mai riuscito a tirare fuori neanche il proverbiale ragnetto.


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