sabato 25 giugno 2011

L’urlo dei commercianti: «Chi evade va capito»

Proprio mentre la Guardia di Finanza sbandiera i risultati mastodontici della lotta al sommerso (23 miliardi di redditi non dichiarati solo nei primi 5 mesi del 2011 e 5,5 milioni di Iva non pagata) dall’assemblea di Confcommercio arriva una sorta di denuncia-confessione. «Chi evade sbaglia e mina le fondamenta del patto di stabilità», dice Carlo Sangalli nella relazione annuale, «ma va ascoltato e capito». Perché, prosegue, «c’è davvero chi non ce la fa più a pagare le tasse».

Il tema toccato dal presidente è rovente. Per tutta la giornata di ieri si sono rincorse le voci della possibilità che nella riforma al vaglio di Giulio Tremonti entri anche la tassazione delle rendite finanziarie. Allo studio dei tecnici del Tesoro c’è un’aliquota al 18-20% (rispetto all’attuale del 12,5%) che, escludendo i titoli di Stato, potrebbe “fruttare” circa 1,5 miliardi di gettito aggiuntivo.
Più o meno alla stessa cifra ammonterebbe, secondo Confcommercio, l’extra deficit provocato dall’aumento di un punto delle aliquote Iva, di cui si è parlato molto nelle scorse settimane. Il gettito immediato sarebbe di 6,5 miliardi, ma l’effetto depressivo sui consumi (-1%), hanno avvertito i commercianti, comporterebbe un buco tra gli 1,1 e gli 1,6 miliardi. Numeri che il governo sembra conoscere, visto che il ministro Paolo Romani, riportando una «testimonianza diretta» di Silvio Berlusconi, ha assicurato che «non c’è assolutamente l’intenzione di costruire la riforma del fisco sull’Iva». A beneficio di chi ha immediatamente strabuzzato gli occhi il titolare dello Sviluppo economico ha ribadito letteralmente che «l’Iva non sarà aumentata».

Resterà sicuramente delusa Confindustria, che sullo scambio più Iva e meno Irpef-Irap puntava molto per far ripartire la macchina della grande impresa. Da Viale dell’Astronomia ieri è arrivato l’ennesimo macigno sulle prospettive italiane. «Per centrare gli obiettivi ambiziosi ma obbligati di azzeramento del deficit e di evitare la stagnazione», avverte il Centro studi, è necessario «varare subito misure strutturali». In mancanze delle quali la crescita nel 2012 scenderebbe dall’1,1 allo 0,6%. Risultato: nel 2014 servirebbe una correzione dell’1% del pil, ovvero «altri 18 miliardi oltre ai 39 già previsti». A rendere la situazione un altro po’ più complicata per Tremonti ieri è giunto anche l’affondo della commissione Bilancio della Camera, che in un parere votato all’unanimità sul decreto legislativo relativo ai controlli sulla spesa pubblica chiede al governo «di superare la logica dei tagli lineari» e di puntare a «riduzioni mirate e selettive». In altre parole, quello che ha detto Mario Draghi nelle sue considerazioni finali.

Al fianco di Confcommercio si schiera, seppure indirettamente, la Cgia di Mestre. Commentando uno studio da cui emerge che il Sud è il regno incontrastato dell’evasione (la palma d’oro spetta alle province di Crotone, Catania e Ragusa), il segretario Giuseppe Bortolussi ammette che «la pressione tributaria italiana è troppo elevata e, purtroppo, costringe molti soggetti a tuffarsi nel sommerso». Per tutta risposta il ministero dell’Economia ha comunicato che in Campania, Calabria e Molise non sono stati raggiunti gli obiettivi del piano di rientro dal disavanzo sanitario. Risultato: più Irap (0,30%) e addizionale Irpef (0,15%) per tutti.

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