Silvio Berlusconi ha assicurato che entro l’estate le aliquote Irpef si ridurranno a tre e diventeranno più basse. Per ora, però, le uniche novità concrete sul terreno fiscale sono quelle che scatteranno il primo luglio. E malgrado la robusta manciata di ossigeno contenuta nel decreto sviluppo approvato ieri alla Camera, c’è poco da stare allegri.
Tra qualche giorno entra, infatti, in vigore la rivoluzione copernicana del fisco con cui Giulio Tremonti, per garantire un flusso di cassa al bilancio dello Stato, ha invertito l’onere della prova in materia di giustizia tributaria. In altre parole, prima paghi, poi contesti. È questo l’effetto dell’accertamento esecutivo istituito con il decreto legge del maggio 2010 (la cosiddetta manovra correttiva) in base al quale si passa immediatamente dalle mani dell’Agenzia dell’Entrate a quelle degli esattori di Equitalia senza passare per l’inutile scocciatura, a garanzia dei diritti del contribuente, dell’iscrizione a ruolo. E poco importa che oltre il 40% dei contenziosi davanti al giudice tributario di primo grado venga vinto dai cittadini. Se e quando il condannato riuscirà a smentire la sua presunta colpevolezza, lo Stato restituirà il maltolto.
Nasce in gran parte da qui il dibattito, un po’ paradossale a dire la verità, che si è scatenato nella maggioranza sulla necessità di spuntare le unghie agli esattori. Lo stesso Tremonti, in campagna elettorale, ha detto basta «ai soprusi e alle vessazioni del fisco». Ma ad alzare di più la voce, nelle ultime settimane, è stata la Lega (che pure aveva votato la manovra correttiva), su cui si è abbattuta alle comunali la furia delle partite Iva del Nord.
Umberto Bossi ieri è sembrato abbastanza soddisfatto degli interventi correttivi inseriti nel dl sviluppo. L’importante, ha detto il leader del Carroccio commentando il risultato del voto di fiducia, «è che passino le cose, mettere le ganasce a Equitalia perché ci sequestra i trattori». Le ganasce, in realtà, continueranno a beccarsele i contribuenti, ma novità importanti ci sono. Anche il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, Claudio Siciliotti, pur continuando a contestare un «sistema in cui essere costretti a pagare prima di essere giudicati non è l’eccezione, ma la regola» e pur denunciando la logica «della fisarmonica, per cui si fanno quattro passi in avanti e poi due indietro», ammette che le modifiche del dl sviluppo «ridimensionano notevolmente gli effetti negativi della versione originaria del provvedimento».
La modifica più significativa riguarda la riduzione dal 50 al 30% dell’acconto sul debito con il fisco che il contribuente deve pagare in caso di ricorso (con relativa istanza di sospensione) contro l’accertamento esecutivo. L’acconto si paga (se il giudice tributario non si esprime prima) non più dopo 120 ma 180 giorni. I tempi per l’opposizione restano di 60 giorni.
Sulle ganasce fiscali arriva il tetto: non potranno scattare sotto i 2mila euro e comunque non prima di due solleciti da parte di Equitalia intervallati da un periodo di almeno 6 mesi. Per quanto riguarda le ipoteche sulla prima casa sale a 20mila euro il tetto per i pignoramenti da parte del fisco rispetto all’attuale limite di 8mila euro. Scompare, finalmente, l’anatocismo, ovvero il pagamento degli interessi sugli interessi delle somme iscritte a ruolo, e si riducono leggermente gli interessi di mora. Nulla di fatto, invece, sull’allungamento della rateizzazione dei debiti con l’erario o sull’abbassamento dell’aggio (il costo della riscossione). In cambio, nel nome del federalismo fiscale, Equitalia lascerà che siano i Comuni a riscuotere le proprie tasse dal primo gennaio 2012. Con quali mezzi, non è dato sapere.
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