martedì 23 novembre 2010

Marchionne annuncia il suv prodotto a Detroit col marchio del Tridente. Mentre le auto made in Italy sono ancora congelate

Il prossimo modello Fiat sarà una Maserati. Mentre in Italia tutti attendono risposte sul piano industriale, sugli investimenti e sulla partenza delle nuove vetture (34 modelli entro il 2014) promesse lo scorso aprile dal Lingotto, Sergio Marchionne va a Los Angeles e annuncia alla stampa, attraverso le pagine del Wall Street Journal, una jeep Chrysler firmata dalla casa del tridente.

Nulla di sorprendente, per carità, il modello, che utilizzerà telaio e parte della meccanica della Jeep Grand Cherokee, fa parte di quei 34 che il gruppo dovrebbe mettere sul mercato da qui al 2014. Ma la notizia, aggiunta alle indiscrezioni (non confermate) sullo spezzatino delle controllate, con la Ferrari verso la quotazione, l’Alfa Romeo verso la cessione alla Volkswagen e la Magneti Marelli in rotta verso un non meglio precisato fondo di private equity, non fa che alimentare le preoccupazioni sul futuro di Fabbrica Italia. Tanto più che il super suv reclamizzato dall’ad sarà commercializzato in tutto il mondo ma prodotto a Detroit. Lo stesso, per intendersi, che produrrà anche il suv Alfa Romeo basato sul Dodge Durango, anche questo annunciato qualche settimana fa da Marchionne.

Le uniche novità sul mercato nazionale sono per ora i drammatici dati diffusi a inizio novembre che hanno registrato una flessione delle vendite Fiat del 39,5%. Per il resto, resta infuocato il fronte sindacale. Con la neo leader della Cgil, Susanna Camusso, che per ora non sembra intenzionata a prendere le distanze dalla linea dell’intransigenza cavalcata negli ultimi mesi dalla Fiom, e il sindacato moderato che inizia davvero a spazientirsi. Dopo settimane e mesi, passate a convincere gli iscritti che il piano Marchionne merita fiducia, Cisl e Uil vorrebbero anche vederlo questo piano. Nasce da qui l’ultimatum lanciato sabato scorso da Raffaele Bonanni, che ha chiesto garanzie sul futuro, trasparenza, maggiore serenità da parte di Marchionne nel gestire i rapporti con la Fiom e, soprattutto una discussione seria sulla questione Mirafiori entro questa settimana da cui poter capire «qual è il vero interesse del gruppo nel progetto Fabbrica Italia».

Un appello cui la Fiat ha risposto sostenendo che già dalla scorsa settimana il Lingotto aveva dato «piena disponibilità ad una riunione sul futuro dello stabilimento di Mirafiori». La data, però, ancora non c’è. Cosa che secondo il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, è dovuta al fatto che l’azienda non è ancora pronta a svelare le carte. Non si tratta più, infatti, di impegni generici. «Abbiamo detto alla Fiat», spiega Palombella, «che vogliamo i dettagli sui modelli e sui tempi di produzione. Deve essere un incontro non formale, che ci consenta di fare le nostre valutazioni». L’incontro dovrebbe comunque tenersi entro la fine di novembre. «Ci auguriamo», ha detto Bonanni, «che la trattativa si apra nei prossimi giorni per fugare le incertezze ed ogni equivoco, avviando una discussione concreta sui programmi di investimento della casa torinese nel nostro Paese».
Tra le incertezze e gli equivoci c’è proprio quella dei nuovi modelli per l’Italia messi in freezer da Marchionne. Molti ritengono che ad accrescere il fisologico (tra crisi e fine degli incentivi) calo delle vendite ci sia anche un parco modelli della Fiat un po’ stagionato. Tutt’altra la versione dell’ad, secondo cui non lanciare nuovi modelli fa parte di una strategia ben precisa: restare immobili  fino a che il mercato non riparte.

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