mercoledì 17 novembre 2010

Irlanda e Portogallo sull’orlo del crac. Borse a picco, scivola l’euro e frena pure Wall Street. Il presidente di turno della Ue avverte: «Ora a rischio la sopravvivenza dell’Unione»

Dopo essere sopravvissuti allo tsunami greco, la crisi rilandese sembrava una passeggiata. Eppure, gli inquietanti scricchioli della tigre celtica, uniti ai segnali per nulla incoraggianti che arrivano dal Portogallo e dalla Spagna, stanno concretizzando il peggiore incubo dei governanti europei. Quello di un devastante effetto domino in grado non solo di mettere in ginocchio, uno dietro l’altro, gli Stati del Vecchio Continente, ma di far crollare l’intera impalcatura dell’Unione europea. Ne è convinto il presidente di turno della Ue, Hermann Van Rompuy che ieri, lanciando un allarme senza precedenti, ha detto fuori dai denti che «se i problemi di budget di alcuni Paesi non saranno risolti, la zona euro e l’Unione nel suo insieme non sopravviveranno».

Conti fuori scala
Il monito arriva dopo giorni di tensioni che si sono accumulate sui rischi legati al debito dei Paesi con i conti più fuori scala, in particolare l’Irlanda ma anche Portogallo e Grecia. Ieri la questione ha monopolizzato il consueto vertice mensile dei ministri finanziari dell’Unione valutaria, l’Eurogruppo, che precede l’Ecofin di oggi. Un appuntamento che lo stesso Giulio Tremonti ha definito «molto impegnativo» per il futuro dell’euro e, quindi, «anche per l’Italia». Del resto, se è vero che il nostro Paese è riuscito a contenere il deficit e ha un indebitamento privato molto più basso di quello medio degli altri Stati membri, è anche vero che il debito pubblico italiano del 2009 registrato martedì da Eurostat è risultato secondo per dimensioni soltanto a quello della Grecia (116% contro 126,8% in rapporto al Pil).
Difficile dire se le parole di Van Rompuy fossero principalmente destinate agli Stati europei, Germania in primis ma anche l’Austria, più riottosi a sborsare denaro per salvare governi irresponsabili o, peggio ancora, banche che non hanno saputo fare il loro mestiere. Di sicuro l’allarme ha terrorizzato i mercati. L’accenno ad una «crisi di sopravvivenza» ha scatenato le vendite in tutto il Vecchio Continente mandando a picco i principali listini europei. Ma anche quelli d’Oltreoceano, con Dow Jones e Nasdaq che in serata lasciavano sul terreno oltre 1,7 punti percentuali. Nel complesso le Borse europee hanno ceduto mediamente il 2,2% mandando in fumo quasi 120 milioni di euro, con vendite concentrate sul settore delle materie prime e su quello bancario. Mentre i titoli di Stato irlandesi hanno invertito la rotta dopo un rally durato appena 2 giorni, allargando il differenziale sul bund tedesco di 28 punti base e l’euro ha ceduto lo 0,3% rispetto al dollaro. Anche i credit default swap sono schizzati. Quelli sul debito irlandese hanno segnato un rialzo di 17 punti (a 510 punti), mentre quelli sulla Grecia sono saliti di 13 punti base (a 871).

Borse a picco
Il colpo più forte è arrivato a Londra, che ha perso il 2,38%. Male anche Parigi (-2,63%), Francoforte (-1,87%) e Madrid (2,46%). Milano ha chiuso in flessione del 2,05%, mentre Dublino è scesa dell’1,68% e Atene dell’1,32%. Ha tenuto in qualche modo Lisbona, con una flessione limitata allo 0,70%.
A poco sono servite le rassicurazioni del governo irlandese, che ha ribadito di non essere intenzionato a chiedere alcun aiuto all’Unione europeo, e quelle dell’Eurogruppo, che invece si è detto pronto a scendere in campo per contenere i contraccolpi della crisi. Sull’emergenza, ha spiegato il commissario agli Affari economici e monetari Olli Rehn, sono stati immediatamente aperti i canali con la Bce e l’Fmi. Il premier irlandese, brian Cowen, non ha però chiesto l’attivazione del meccanismo di salvataggio, sostenendo che fino all’inizio del prossimo anno ci sono le necessarie coperture finanziarie. L’opposizione sostiene che il governo irlandese stia trattando un pacchetto di aiuti tra i 60 e i 90 miliardi di euro. Ma la realtà è che l’esecutivo non ha alcuna intenzione di perdere quote di sovranità nazionale per sottostare agli obblighi imposti dal fondo salva-Stati. Sullo sfondo restano sempre le accuse alla Germania, considerata dall’Irlanda corresponsabile della crisi per aver chiesto e ottenuto nel nuovo meccanismo permanente anti-crisi il coinvolgimento del settore privato nella ristrutturazione del debito dei Paesi insolventi.
In Italia, intanto, la crisi europea ha fatto risalire le quotazioni di Mario Draghi. C’è chi sostiene che il terremoto dei debiti spianerebbe la strada ad un esecutivo tecnico guidato dal governatore di Bankitalia.

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