martedì 30 novembre 2010

Dietro lo sgambetto Usa a Berlusconi c’è lo scontro per il gas di Mosca

Nabucco contro South Stream, ovvero l’asse Usa-Ue contro quello Italia-Russia. Dietro alle preoccupazioni, emerse dalle rivelazioni di Wikileaks, che il governo americano nutre nei confronti dell’amicizia tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin c’è innanzitutto il gas, materia prima di cui l’Europa ha disperato bisogno e su cui si sono innestati negli ultimi anni duelli economico-politici ad altissima tensione.

Il paradosso è che gli States mettono sotto accusa il legame tra Berlusconi e Putin, quando è stato Romano Prodi il vero artefice dell’operazione.  Il progetto per il South Stream è nato infatti nel novembre del 2006 nell’ambito di un accordo più vasto di collaborazione tra Gazprom, espressione diretta del Cremlino, e l’Eni. Intesa caldeggiata dall’allora presidente dal Consiglio che, nel 2007, ha portato alla firma di un primo memorandum. Partendo dal territorio russo, i tubi attraverseranno il Mar Nero per proseguire in Bulgaria, Serbia, Ungheria, Grecia, Italia, Slovenia e Austria. Dal punto di vista americano il gasdotto rappresenta una potenziale arma con cui la Russia può mettere sotto scacco il Vecchio Continente.

Mosca potrebbe cioè ristabilire la vecchia area di influenza sovietica e, allo stesso tempo, ricattare l’Europa imponendo i prezzi di transito o, in casi estremi, chiudendo i rubinetti (come già fatto nel contenzioso con l’Ucraina). Interpretazione sempre smentita da Mosca e, recentemente, anche dai fatti. A fronte di iniziali resistenze, soprattutto, da parte franco-tedesca, il South Stream è ormai diventato un progetto europeo a tutti gli effetti. Nel consorzio del gasdotto sono infatti entrati i francesi di Edf ed è ora allo studio una partecipazione anche dei tedeschi di Wintershall. Anche il Nabucco è destinato a sfamare il fabbisogno energetico europeo, ma questa volta con il gas del Caucaso, del Mar Caspio e, in prospettiva, del Medio Oriente, risorsa su cui però ancora non si può contare, nonostante l’impegno degli Usa a stabilizzare l’area. Il progetto, nato nel 2002, è sostenuto principalmente dai Paesi esteuropei, desiderosi di emanciparsi dalla dipendenza dal gas russo.


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