mercoledì 10 novembre 2010

Sacconi prova a far lavorare la Cgil

I duri della Fiom non ci hanno pensato neanche un secondo. La mano tesa di Maurizio Sacconi sul nuovo statuto dei lavoratori, ha tuonato il segretario Maurizio Landini, è un atto «gravissimo e inaccettabile». Eppure, più che una provocazione, l’invito rivolto ieri dal ministro del Welfare ai sindacati ha tutta l’aria di una grande opportunità. Soprattutto per la Cgil, che avrebbe la possibilità di smarcarsi dall’abbraccio soffocante delle tute blu e di far coincidere la nuova segreteria con una svolta storica per la confederazione rossa.

«In questi giorni», ha spiegato il ministro parlando del ddl che dovrà costituire l’ ossatura del nuovo “statuto dei lavori”, «invio alle organizzazioni sindacali una proposta di legge delega prima di portarla in Consiglio dei ministri come atto di rispetto per le parti sociali e di sollecitazione a loro a produrre un avviso comune sulla materia». Se l’accordo dovesse essere trovato, ha proseguito Sacconi, «mi impegno a recepirlo». Il messaggio è naturalmente rivolto a tutte le sigle sindacali, ma è chiaro che il vero destinatario è la Cgil, che negli ultimi mesi non è riuscita a spostarsi dall’angolo in cui è stata confinata dalle iniziative della Fiom. Iniziative che non solo hanno rubato la scena, ma hanno anche dettato la linea ai vertici di Corso d’Italia.
La mossa di Sacconi offre alla neosegretaria Susanna Camusso l’occasione per rientrare in gioco, ma la mette anche di fronte ad un bivio da cui sarà molto difficile tornare indietro. La Cgil è già restata fuori dalla partita fondamentale dell’intesa con Confindustria sui nuovi contratti, da quella su Fabbrica Italia e sulle deroghe per i metalmeccanici. Mancare l’appuntamento con il nuovo statuto dei lavoratori, dopo aver già mancato quello sul ddl lavoro (dove la Cgil si è ben guardata di firmare l’avviso comune siglato da tutte la parti sociali), rappresenterebbe il superamento definitivo di un confine. Che potrebbe aprire per la Cgil scenari di isolamento e marginalizzazione forse fruttuosi in vista di future strategie politiche, ma sicuramente poco utili ai lavoratori.

La strada della Fiom è già decisa. «Non serve un nuovo statuto», ha detto Landini, «basta estendere quello che già esiste alle imprese con meno di 15 dipendenti arricchendolo con nuove norme sulla rappresentanza». La linea oltranzista e massimalista delle tute blu della Cgil, ormai da mesi capace soltanto di alzare muri e barricate, inizia però a mostrare le prime crpe. Ieri la minoranza della Fiom ha preso pubblicamente le distanze dall’ennesimo “no” deciso dal Comitato centrale nei confronti del negoziato con Confindustria sulla produttività. «Con una maggioranza politica allo sbando e con segnali di ripensamento su scelte del passato che arrivano da Confindustria, ma anche da Cisl e Uil», ha spiegato il segretario nazionale Fausto Durante, «sarebbe irresponsabile non cercare tutti i possibili punti di contratto e convergenza che servono per migliorare la situazione economica». 
Il rischio, ha proseguito il sindacalista, è che «il Comitato centrale diventi il megafono di posizioni politiche di un’area che si propone l’opposizione ed il dissenso interno alla Cgil, mettendo in discussione la nostra autonomia».

E’ nelle pieghe di questa frattura che potrebbe inserirsi la Camusso. La neo segretaria non ha finora dato la sensazione di voler imprimere alla Cgil un cambiamento di rotta troppo traumatico rispetto alla vecchia gestione Epifani. Alcuni segnali, però, fanno pensare che le sorprese non si possano escludere. Ieri, ad esempio, ha detto senza mezzi termini che «la Fiom sta sottovalutando una contingenza nella quale si sono aperte delle possibilità di discussione con il complesso delle imprese», aggiungendo che la Cgil non si «autoescluderà dai tavoli, né si sottrarrà al confronto». Quanto allo sciopero generale su cui premono le tute blu, la Camusso sembra per ora scegliere la prudenza. «Lo valuteremo»,  ha spiegato, «ma adesso siamo impegnati nella mobilitazione del 27 novembre». Parole troppo morbide, che hanno spinto Landini ha chiedere «discontinuità» rispetto alla linea evidentemente ritenuta poco battagliera di Epifani.
Sullo stesso terreno sta lavorando il governo. Non a caso ieri Sacconi ha voluto sottolineare l’apprezzamento per la Cgil, «che ha deciso di mantenere il punto e di non abbandonare il tavolo sul nuvo patto sociale», malgrado le pressioni della Fiom. Resta solo da capire, a questo punto, se la Camusso avrà il coraggio di andare fino in fondo.

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