mercoledì 24 novembre 2010

L'euro scappa dall'Europa

L’austerity non piace. E chi può prende il largo lo fa. Visto l’andazzo che tira in Europa, con i debiti sovrani che schizzano alle stelle, il gendarme tedesco che vuole mettere sotto controllo le finanze pubbliche di mezzo Continente, e le banche che scricchiolano, gli investitori cercano approdi più sicuri. La fuga era già iniziata la scorsa primavera, con le prime avvisaglie della crisi greca. In quel periodo si iniziarono a registrare ingenti flussi di capitali verso la vicina e tranquillizzante Svizzera. Secondo uno studio di Bnp Paribas (le cui cifre non hanno però trovato conferme ufficiali) nei periodi di maggiore instabilità della moneta unica il flusso giornaliero avrebbe toccato picchi di sette miliardi di euro. L’obiettivo non è più quello di sottrarre la valuta alle occhiute attenzioni del fisco, ma di proteggere il denaro in un Paese che non rischi di finire commissariato dalle politiche germanocentriche di Bruxelles.

L’esodo è concentrato chiaramente nei Paesi a rischio default. Oltre alla Grecia, in cima alla classifica ci sono Irlanda, Portogallo e Spagna. Dagli istituti italiani ancora non sono arrivati allarmi degni di rilievo su un fenomeno di disimpegno dei depositi o delle somme investite nel nostro Paese. Ma dalle zone che stanno ricevendo i flussi sostengono invece che la fuga sia generalizzata e proveniente, seppure in misura diversa, da quasi tutti i principali Paesi europei. Come dimostra il crollo dell’euro, che ieri è sceso in picchiata sul biglietto verde, arrivando a 1,33 dollari, sotto la soglia psicologica di 1,34 e in calo di oltre due centesimi dalla chiusura di lunedì. In effetti, se è vero che l’Italia non è l’Irlanda, né tantomeno la Grecia, è altresì vero che la cancelliera Angela Merkel non sembra intenzionata a fare sconti, dopo aver stretto la cinghia e fatto scelte coraggiose sul fronte del rigore pubblico e della produttività. Non è escluso dunque che, senza sterzate di rilievo che invertano il trend fatto di bassa crescita e di altissimo debito pubblico, anche il nostro Paese possa finire nel mirino. Così come altri ora insospettabili. La linea interventista è del resto sponsorizzata sia dall’Fmi sia dalla Bce.

Tra le destinazioni prese di mira negli ultimi mesi ci sono pure gli Emirati arabi. Le banche degli sceicchi starebbero infatti registrando un boom di nuovi conti intestati a ricchi cittadini europei. È quanto ha rilevato Gary Dugan, capo dell’Ufficio investimenti di Emirates NDB, durante la conferenza oranizzata dalla rivista britannica Economist ad Abu Dhabi. «Di recente abbiamo passato in rassegna la lista dei nostri clienti e, tra i nuovi, abbiamo trovato molti europei», ha spiegato il dirigente della prima banca del paese in termini di asset. «Un aumento», ha aggiunto, «che non riguarda solo persone in pensione o che hanno vissuto qui per qualche tempo, ma persone che hanno spostato il loro denaro qui dall’Europa».
Ad attrarre i clienti del Vecchio Continente, secondo Dugan, lo status tax-free dell’emirato che rappresenta un incentivo senza pari a fronte alle misure di lacrime e sangue varate da alcuni paesi della zona euro per evitare il collasso. Irlanda, Portogallo, Grecia in primis, ma non solo. La strada dell’austerity è stata infatti intrapresa un po’ da tutti i paesi Ue. «Prendiamo l’esempio della Gran Bretagna», spiega Dugan, «dove l’aumento delle tasse, con un rialzo dell’Iva e di altri prelievi, ovviamente ha pesato prima di tutto sui cittadini». Il manager non è in grado di quantificare il numero dei nuovi clienti. Di sicuro non si tratta di piccoli risparmiatori, visto che per aprire un conto alla Emirates NBD, il più grande gruppo bancario in Medio Oriente in termini di attività, serve un deposito minimo di 1 milione di dollari.
Per chiunque voglia scappare si consiglia comunque prudenza. Solo qualche mese fa anche il potente fondo governativo Dubai World è finito nel pantano dell’insolvenza e ha dovuto ristrutturare un debito di circa 25 miliardi. Le tempeste, a volte, si abbattono anche sui porti più riparati.

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