lunedì 29 novembre 2010

Cisl e Uil la suonano, Susanna balla da sola

Raffaele Bonanni aveva auspicato che la politica restasse fuori dalla grande manifestazione nazionale della Cgil. «Spero», ha detto il segretario della Cisl alla vigilia della kermesse, «che non ci siano le solite bandiere di partito, i troppi politici». Più di quelli che hanno sfilato ieri per le strade di Roma, a dire il vero, era difficile anche immaginarlo. Dalla sinistra antagonista fino ai dipietristi passando per i vertici del Pd: nessuno ha voluto perdere l’occasione del bagno di folla offerto a costo zero dal sindacato rosso.

La vetrina politica non ha fatto altro che confermare un dato che, ormai, è sotto gli occhi di tutti: il progressivo spostamento della Cgil dalla battaglia sindacale a quella politica. Del resto, l’ala oltranzista della Fiom è ormai il presidio più avanzato della sinistra nazionale. Quello che detta la linea e suscita maggiori consensi. Alle battaglie dei metalmeccanici, nella fase di debolezza del centrosinistra parlamentare, si stanno ormai aggrappando tutte le forze della sinistra antagonista. In un gioco che sta schiacciando sempre di più nell’angolo il Pd, come si è visto qualche giorno fa a Milano, con il passo falso delle primarie vinte a mani basse dal candidato vendoliano. E come si è visto anche ieri, con il segretario Pierluigi Bersani costretto a sfilare con i manifestanti e ad abbracciare l’avversario di Sinistra e libertà, Nichi Vendola, per tentare di riguadagnare il terreno perduto.

Il tutto non fa che accrescere un isolamento da cui la Cgil non solo non riesce, ma forse non vuole più uscire. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha auspicato ieri «che le grandi organizzazioni sindacali ritrovino la capacità di sintesi sui modi con cui concorrere a realizzare crescita con occupazione lungo una linea di dialogo con le imprese e con le istituzioni». Ma è difficile che qualcosa possa muoversi se, come è avvenuto dal palco di piazza San Giovanni, nessun elemento di distensione viene messo sul tavolo. La Camusso non solo si è ben guardata dal fare il seppur minimo riferimento alla necessità di ritrovare la sintonia, ma ha anche chiuso il suo comizio con un chiaro riferimento allo sciopero generale che non può che accrescere la frattura tra la Cgil e le anime più moderate del sindacato. In mattinata ci aveva provato Giovanni Centrella a mettere in guardia la neo leader. A Susanna Camusso, ha detto il segretario dell’Ugl, «lanciamo un messaggio di molta responsabilità, di non ascoltare le cicale che vogliono lo sciopero generale per forza». La Cgil, ha proseguito Centrella, «deve capire che ci troviamo in un momento particolare, del mondo, dell’Europa e dell’economia italiana. Prima di fare qualsiasi tipo di protesta dobbiamo cercare di far capire tutti insieme, partendo dalla Cgil e fino all’Ugl, passando per Cisl e Uil, al governo e alle nostre controparti che loro non possono fare quello che pensano. Ma noi neanche possiamo fare quello che ci passa per la testa».

Il risultato dell’isolamento rischia, purtroppo, di finire sulle spalle dei lavoratori. Anche ieri mentre la Camusso tuonava dal palco, la Cgil si è rifiutata per l’ennesima volta di siglare un accordo insieme alle altre sigle. Si tratta della Yoshida Ykk di Vercelli, ditta italo giapponese che produce zip e chiusure lampo. Sul piatto c’era la possibilità per i lavoratori di ottenere una serie di aumenti salariali più un premio speciale per chi accetti 20 ore di straordinario l’anno in aggiunta a quelle già previste. Soldi in più che entreranno in tasca ai dipendenti soltanto grazie all’accordo separato firmato da Cisl e Uil. La Fiom-Cgil ha infatti giudicato i premi di produttività frutto di intese con l’azienda antisindacali e antidemocratiche.
L’ultimo appello è previsto per il 2 e 3 dicembre. Nella due giorni il direttivo della Cgil dovrà decidere non solo se continuare a sedersi al tavolo della Confindustria sulla produttività, ma anche se riavviare un confronto con Cisl e Uil sulla rappresentanza sindacale. Se la strada sarà quella indicata ieri, intransigenza e sciopero generale, l’esito appare già scontato.

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