giovedì 11 novembre 2010

Sulla rete ultralarga la palla ora passa all’autority delle tlc

Per Paolo Romani il risultato ottenuto è addirittura «straordinario». Di sicuro, visto lo scenario, non si poteva ottenere molto di più. Il ministro dello Sviluppo è riuscito a mettere allo stesso tavolo tutti gli operatori telefonici, compresa Telecom, per siglare un memorandum d’intesa sulla creazione di una società ad hoc, che potrà raccogliere anche investimenti pubblici come quelli della Cdp, per la realizzazione delle infrastrutture passive per la rete ultra larga.

Il passo, rispetto alle rotture dei mesi scorsi sul comitato Ngn (Rete di nuova generazione), è significativo. Di qui, però, a dire che parte il piano della fibra ottica ce ne passa. L’accordo, per ora, ricalca quello già raggiunto nei mesi scorsi al tavolo tecnico. Si parla quindi di una infrastruttura ibrida (Telecom vuole la tecnologia Gpon che gli permette di valorizzare la vecchia infrastruttura, gli operatori alternativi puntano sul point-to-point, più adatto allo sfruttamento “aperto” della rete), né si definiscono le aree ad alta densità di concorrenza. Per quanto riguarda la società, è ancora da decidere il business plan, la governance e le modalità della collaborazione pubblico-privato. Insomma, la strada da fare è molta. A seguire al dossier c’è il capo del dipartimento comunicazioni dello Sviluppo economico, Roberto Sambuco, che sta lavorando da tempo alla pratica e che ora guiderà il comitato esecutivo che dovrà definire, entro tre mesi, un piano del nuovo veicolo societario completo di tutti gli aspetti tecnici, operativi ed economici.

Per ora, la sensazione è che Telecom non sia indietreggiata più di tanto. Il protocollo d’intesa non definisce infatti nessuna regola sulle infrastrutture attive, la fibra ottica e gli apparati per intendersi, e lascia il campo libero all’ex monopolista di giocare in proprio dove lo desideri. Lo ha detto chiaramente l’ ad Franco Bernabé: «Il governo ha fatto una analisi dei programmi di investimento dei diversi operatori. Sulla base di questi si definiranno le aree di intervento della nuova società che interverrà laddove non ci sono iniziative dei privati, secondo il principio della sussidiarietà». Nelle altre, le aree chiaramente più redditizie, ognuno farà da sè, creando il rischio o di una duplicazione dei costi o di una nuova posizione dominante dell’ex monopolista. Non è un caso che, pur apprezzando il passo fatto, tutti gli operatori alternativi abbiano voluto sottolineare i passi ancora necessari. «Sul business plan», ha spiegato l’ad di Wind, Luigi Gubitosi, «peseranno sicuramente le decisioni dell’Agcom sugli aumenti dell’unbundling». Mentre i vertici di Fastweb e Vodafone, Stefano Parisi e Paolo Bertoluzzo, hanno spiegato all’unisono che l’iniziativa è legata «all’unbundling della fibra», che deve avere gli stessi criteri di apertura e condivisione della rete tradizionale. La palla, quindi, torna all’authority delle tlc. 

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