giovedì 22 settembre 2011

Quando D’Alema snobbava l’agenzia di rating

Cos’hanno in comune Massimo D’Alema e Gianfranco Fini? Entrambi fanno spallucce di fronte ai verdetti delle agenzie di rating. È curioso, se si pensa che la decisione di martedì di S&P, invece, ha scatenato un polverone di polemiche proveniente anche, tra gli altri partiti di opposizione, proprio da Pd e Fli.

La memoria corta degli italiani è nota, ma, in questo caso, il numero degli anni trascorsi rende un po’ più comprensibile la dimenticanza. I fatti si riferiscono al 2005 e al 2006. Identico il luogo del “misfatto” ed identico l’interlocutore. Sia D’Alema sia Fini si sono infatti trovati alle prese con Marco Cecchi De Rossi, fino a poche settimane fa per 11 anni il numero uno di Fitch Rating in Italia, negli studi televisivi di Ballarò. Più dura, nell’autunno del 2005, la reazione dell’attuale presidente della Camera, che di fronte ad alcune critiche dell’analista sbottò dicendo di non conoscere né lui né la sua azienda.
Non meno piccata, però, la replica di D’Alema, allora presidente dei Ds, anche lui incalzato dal manager e costretto a difendere la politica economica del centrosinistra proprio all’indomani di un declassamento deciso da Fitch. Tra uno sbuffo e una smorfia del viso, come è solito fare il leader del Pd quando si infastidisce, D’Alema, nell’ottobre del 2006, rispose con sufficienza sostenendo che «non si fanno polemiche politiche» sulle agenzie di rating. «Siamo l’unico Paese al mondo, siamo capaci di accapigliarci anche sulle agenzie di rating», proseguì  letteralmente l’ex presidente del Consiglio.
La cosa curiosa è che anche Cecchi De Rossi, allora pungente e severo controllore del debito dell’Italia, nei giorni scorsi è sembrato aver perso un po’ di fiducia nel rigore delle analisi effettuate dalle agenzie di rating. In un’intervista a Radio24 l’analista ha infatti premesso che «non è il tipo di colore o di governo ad influenzare le analisi delle società di rating», ma ha poi sottolineato «l’anomalia di giudizio sul caso italiano», considerata «la differenza che c’è tra il rating più alto e quello più basso».


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