mercoledì 28 settembre 2011

Putin grazie all’Eni incassa i dividendi libici

La guerra in Libia gli è piaciuta pochissimo, al punto da definire l’intervento dell’Onu «una crociata medievale». Quando si tratta di passare all’incasso, però, Vladimir Putin, non si fa problemi. Anche perché a trattare con il governo di transizione per l’ingresso dei russi nello sfruttamento del petrolio libico ci penserà la nostra Eni, che, malgrado le sgomitate di Sarkozy, sembra avviata a riottenere le posizioni occupate prima del conflitto.

Il principale salvacondotto di Mosca per il Paese nordafricano si chiama Elephant, un ricco giacimento 800 chilometri a sud di Tripoli il cui 33% è detenuto dal Cane a sei zampe. Il negoziato con l’Eni per l’acquisizione da parte di Gazprom Neft della metà della quota italiana (in cambio di una maggiore presenza nei giacimenti della Siberia Nord occidentale, controllati da Arctic Gas Company) era partito a febbraio, pochi giorni prima dell’inizio dei bombardamenti. La settimana scorsa, a guerra conclusa, l’accordo è stato definitivamente siglato.
Ma non è che il primo passo. Ieri, infatti il quotidiano economico russo Kommersant, ha rivelato l’esistenza di un negoziato che l’Eni sta conducendo con Mosca per lo sviluppo congiunto del giacimento sul Mar Nero Val Shatskogo(Shatsky Ridge) con il principale produttore di greggio russo Rosneft .
Secondo Kommersant, che cita fonti vicino alle trattative, Eni potrebbe acquistare il 33% del progetto e finanziare i lavori iniziali di esplorazione per un ammontare di circa 1 miliardo di dollari. Complessivamente l’operazione dovrebbe avere un costo di 32 miliardi di dollari, a fronte di riserve di petrolio stimate in 860 milioni di tonnellate.

Indovinate la contropartita? Secondo quanto riportato dal quotidiano, Rosneft starebbe cercando di avere accesso ai progetti di Eni in Libia. Una fonte ha riferito che la lista della spesa in territorio libico non è stata ancora stilata. Ma è chiaro l’obiettivo. Per i russi si tratta di aggirare l’inevitabile diffidenza del governo di transizione per la superpotenza che si è distinta, per tutta la durata del conflitto, come l’ultimo baluardo internazionale a difesa di Gheddafi. Al di là delle critiche iniziali, infatti, anche quando è diventato evidente che il vecchio assetto di potere non era più ricomponibile, la diplomazia di Mosca non ha mai smesso di lavorare ad una soluzione soft che consentisse almeno al rais un’esilio dorato.
Le cose sono andate diversamente. E il rischio per i colossi dell’energia russi era quello di restare fuori dalla spartizione della torta. Per l’Eni, l’occasione è naturalmente ghiotta. Procurare a Gazprom e Rosneft il biglietto d’ingresso per il petrolio libico significa avere una carta in più da giocare sul tavolo delle numerossissime occasioni di business che viaggiano sull’asse tra Roma e Mosca.


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