giovedì 15 settembre 2011

Governo a caccia di altri 400 miliardi


Se i 54,2 miliardi della manovra bis (la correzione di bilancio più alta di tutti i tempi, persino di quella monstre di Amato da 96mila miliardi di lire) vi sembravano pochi, ora rischiano di diventare 400. Malgrado l’Europa abbia chiarito in mattinata di «non aver chiesto alcuna manovra o misura aggiuntiva», in Italia si continua a ragionare su una cura da cavallo che possa abbattere in un sol colpo dai 20 ai 30 punti percentuali di debito e far uscire il Paese dalla spirale delle turbolenze finanziarie sui titoli di Stato che rischiano di vanificare ogni sforzo messo in campo dal governo (e dei contribuenti) per agguantare il pareggio di bilancio.

Il dibattito, per ora, è caotico. Con balletti di cifre e di misure che poco hanno di concreto. Di sicuro c’è che per trovare somme di tale grandezza, in poco tempo, senza mandare gli italiani a chiedere l’elemosina all’estero, non si può pensare di non aggredire il patrimonio dello Stato.
Nasce da qui l’idea annunciata ufficiosamente lunedì da Giulio Tremonti di organizzare un seminario operativo entro la fine del mese per accelerare le dismissioni di asset in mano al Tesoro. Sul tavolo ci sarebbero principalmente gli immobili, le concessioni e le migliaia di utility locali, cioè le ex municipalizzate ora trasformate in spa. Ma c’è anche chi ritiene che tra i beni da cedere ci siano anche pacchetti delle grandi società quotate (Eni, Enel, Finmeccanica) ancora controllate da Via XX Settembre.  La nuova ondata di privatizzazioni, secondo calcoli fatti un po’ a spanne dagli esperti di turno, potrebbe portare ad un incasso tra i 400 e i 500 miliardi. Cifra un po’ ottimistica visti i crolli di borsa che stanno appiattendo le capitalizzazione di tutte le quotate e considerate le difficoltà relative all’alienazione degli immobili.
Eppure, nel centrodestra c’è chi ha tirato fuori un appunto inviato qualche settimana fa dal coordinatore del Pdl, Denis Verdini, a Silvio Berlusconi in cui si parla proprio di quelle cifre. Nel documento, in base ad una ricostruzione fatta dal Corriere, si ritiene che dalla vendita dei gioielli di famiglia potrebbero arrivare 140 miliardi, dalla dismissione delle utility 10 miliardi, dalla cessione del patrimonio immobiliare altri 100, mentre una trentina si recupererebbero dalla vendita dei terreni demaniali.

I numeri, chiaramente, sono tutti da verificare. Ma sui 400 miliardi insiste anche il vicepresidente del Pdl alla Camera, Massimo Corsaro, che nel menu aggiunge, però, anche una serie di altri interventi meno indolori. La proposta, anticipata in un’intervista al Sole 24 Ore e rilanciata più dettagliatamente ieri pomeriggio prevede in sostanza quattro misure: il primo capitolo riguarda le alienazioni sia del patrimonio immobiliare che di quello mobiliare; il secondo è una bella patrimoniale; il terzo è un ennesimo condono, che chiuda tutto il contenzioso pregresso al termine della riforma fiscale; il quarto ed ultimo riguarda le pensioni. le risorse così recuperate nell’arco di un triennio, che secondo Corsaro potrebbero verosimilmente raggiungere tra i 400 e i 450 miliardi, dovrebbero poi confluire in un fondo destinato a riacquistare titoli di debito pubblico per arrivare sotto quota 100 in modo da poter risparmiare solo di interessi 23-24 miliardi. L’idea del deputato del Pdl non è quella di una semplice correzione della manovra, ma di «un intervento eccezionale con un obiettivo strategico». A questo proposito Corsaro crede sia necessario un patto bipartisan tra le forze politiche che rappresentano «l’Italia responsabile». Ma, almeno per ora, adesioni sporadiche sono arrivate solo da alcuni esponenti del suo stesso partito.
Non sarà forse il taglio monstre del debito, ma il dopo-manovra è comunque ormai entrato prepotentemente nell’agenda del governo. Allo studio ci sono sia misure per stimolare la crescita, sia i nodi non sciolti dalla manovra (a partire dalle pensioni d’anzianità), sia nuovi interventi per reperire ulteriori risorse (anche attraverso un recupero dell’Iva condonata nel 2002). Le prime mosse potrebbero essere contenute in un decreto sviluppo, che potrebbe essere varato già la prossima settimana, quando sarà chiaro il nuovo quadro macro-economico, con il Documento di economia e finanza atteso entro il 20 settembre. Poi, ad ottobre, sarà la volta della legge di Stabilità (la vecchia Finanziaria). Teoricamente è un provvedimento snello. Ma vista la situazione potrebbe diventare il veicolo per sistemare tutte le questioni aperte.


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