L’annuncio è tempestivo. I tempi un po’ meno. La risposta del governo al pressing internazionale (e nazionale) sulla necessità di rilanciare lo sviluppo è arrivata ieri, a poche ore dal declassamento di S&P, nel corso di un incontro con le associazioni delle imprese e delle banche a Via XX Settembre.
Due, sostanzialmente, le misure illustrate da Giulio Tremonti. La prima, quella più suggestiva ma più lontana nel tempo, è un piano decennale per la crescita che rassicuri i mercati sulla capacità dell’Italia di tornare in pista. Dovrebbe arrivare subito, invece, un decreto sulle infrastrutture, che punta anche a rilanciare la rete portuale e aeroportuale, a favorire il partenariato pubblico-privato nella realizzazione delle opere, ad introdurre una «reciprocità dei servizi ferroviari con i paesi esteri», ad aumentare le risorse per la manutenzione della rete Rfi, a migliorare l’efficienza energetica con una proroga triennale delle attuali detrazioni fiscali del 55%. Tra gli interventi ci dovrebbe essere anche la creazione della famosa società mista pubblico-privata per la rete in fibra ottica, su cui a dire il vero il tavolo Romani non ha ancora sciolto tutti i nodi, che potrebbe partire con un finanziamento iniziale di 300 milioni a fronte di una spesa stimata da qui al 2020 di 10 miliardi. I soldi arriverebbero dal 50% dell’eccedenza dei 2,4 miliardi indicati dalla legge di Stabilità per la gara delle frequenze (l’asta è a quota 3,3 miliardi). Parallelamente l’esecutivo lavorerà sulla «manutenzione» dei provvedimenti già varati nei mesi scorsi, in particolare sugli incentivi fiscali e sul ruolo dell’Anas.
Il tavolo, al quale hanno partecipato oltre a Tremonti, il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, quello del Lavoro, Maurizio Sacconi, e quello della Semplificazione, Roberto Calderoli, e rappresentanti di Confindustria, Abi e Rete Imprese, si è convocato nuovamente per mercoledì della prossima settimana quando dovrebbe essere pronto, nero su bianco, il progetto a 10 anni per favorire la ripartenza dell’economia. Si tratterebbe, avrebbe spiegato Tremonti (ma poi le sue frasi, come altre, sono state smentite dal portavoce del Tesoro), di un provvedimento a «costo zero». Ma l’obiettivo resta quello di incrementare la crescita. «Il momento», avrebbe detto il ministro, «è assolutamente complesso, ma proprio per questo dobbiamo dare l’idea di cosa fa questo Paese nei prossimi 10 anni, per almeno tre legislature». Quattro le linee guida indicate: il lavoro, le imprese, il credito e lo Stato. Ma si guarda anche alle liberalizzazioni ed alla semplificazione, come suggerito dalla commissione europea, seguendo la strada già intrapresa dalla Grecia. Si sarebbe parlato, appunto, della «norma greca suggerita dall’Ue». L’idea di partenza è quella già annunciata all’inizio dell’anno nell’ambito della famosa “scossa all’economia”. «Si potrebbe inserire per legge», avrebbe infatti detto il ministro, «la modifica dell’articolo 41 della Costituzione, cioè tutto è lecito se non espressamente vietato». A condire il piano, una serie di dichiarazioni trapelate dall’incontro, ma di difficile interpretazione. «Insomma per uscire dalla crisi», avrebbe detto il ministro, «dobbiamo fare un po’ di marketing per l’Italia. Serve un po’ di allure che ci dia il respiro di grandi opere». Poi, citando Bismarck, avrebbe aggiunto: «Se il popolo sapesse come sono fatte le sue salse e le sue leggi non le mangerebbe».
La frase, però, che ha suscitato più clamore e che è stata frettolosamente smentita dal portavoce, è stata quella relativa all’ad della Fiat. «Dobbiamo dare delle risposte a Marchionne se fa il demonio e dice che non vuole stare in Italia perché c’è il sindacato», avrebbe detto il ministro dell’Economia, aggiungendo: «Ci sarà una ragione se Marchionne dice che deve uscire da Confindustria se vuole stare in Italia».
Infine, nel corso dell'incontro durato circa 4 ore, Tremonti avrebbe invitato a mantenere nervi saldi davanti agli effetti della crisi, visto che gli indicatori di mercato dell’Italia, a partire dal differenziale Btp-Bund, sono sostanzialmente gli stessi dell’inizio di agosto. Non è il caso, avrebbe sottolineato, di farsi prendere «dall’immediatismo e dal catastrofismo».
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