mercoledì 21 settembre 2011

Occhio, Finmeccanica perde i pezzi

Da una parte i mercati, dall’altra le inchieste. Se il governo ci mette sopra pure i tagli alla difesa, per Finmeccanica la strada non è semplicemente in salita, ma così ripida da non essere più praticabile. Questo ha cercato di spiegare, ieri, l’ad Giuseppe Orsi davanti alla commissione Lavoro del Senato. Il manager l’ha presa un po’ larga, parlando di competitività, di crescita, di espansione nei mercati emergenti. La realtà è che la stretta sui fondi pubblici rischia di mettere il gruppo con le spalle al muro. E il risultato sarà che pezzi di quello che era l’orgoglio italiano della difesa e dell’aerospazio finiranno svenduti qua e là al migliore offerente.

Ansaldo Sts e Ansaldo Breda sono praticamente già in vendita. Alenia è alle prese con una complicata ristrutturazione di cui non si vede ancora la luce. La partecipata Avio è da tempo nel mirino dei francesi. Quanto alla capogruppo, gli sganassoni dei mercati finanziari negli ultimi mesi, complice anche il rischio Italia, hanno praticamente dimezzato il valore di Borsa. A gennaio il titolo viaggiava intorno ai 10 euro. Ora stiamo poco sopra i 5. Con una capitalizzazione che è passata da circa 6 a 3 miliardi.
Non ha aiutato, chiaramente, la bufera giudiziaria. Un tornado partito più di un anno fa prima con gli intrecci Cola-Mokbel, poi con la vicenda degli appalti Enav, che ha coinvolto la Selex sistemi integrati, ed ora con i legami tra alcuni manager di Piazza Montegrappa e la cricca di Tarantini. Polverone che ha portato nei giorni scorsi alle dimissioni del direttore commerciale Paolo Pozzessere e del consigliere di Seicos e presidente di Ssi, due società controllate, Salvatore Metrangolo. Vicende che invece di chiudersi sembrano crescere giorno dopo giorno. L’ultimo filone d’inchiesta su cui stanno lavorando i pm di Bari riguarda 103 milioni di appalti gestiti da una società del gruppo, la Sel Proc, in favore della Protezione civile. Come se non bastasse, ieri i giudici di Milano hanno confiscato 98 milioni ad Ansaldo Energia nell’ambito di un processo relativo a presunte tangenti pagate ad ex dirigenti Enelpower e Enipower.

È questo lo scenario in cui va inserito l’appello fatto ieri da Orsi alla politica. «A valle delle recenti manovre», ha ricordato il manager, «rispetto al bilancio a legislazione vigente, la voce investimenti del ministero della Difesa prevede una riduzione di circa 1.200 milioni (-30%) nel 2012 e di 500 milioni (-12%) per ciascuno degli anni 2013 e 2014». Così, ha fatto capire Orsi, non si va da nessuna parte. «Per tutelare la competitività dell’industria nazionale e i livelli occupazionali», ha detto, «è necessario confermare le previsioni di spesa triennali 2012-2014 per il budget della difesa e i finanziamenti del ministero dello Sviluppo ai programmi già avviati e contrattualizzati, i cui stanziamenti sono esauriti nel 2011».
Intendiamoci, il gruppo può ancora camminare sulle sue gambe. Ha 2 miliardi di liquidità, 2,5 di linee di credito non utilizzate e i primi rimborsi a dicembre 2013 oltre ad un robusto portafoglio di ordini (49 miliardi contro un fatturato di 18). Ma per rimettersi in piedi, soprattutto se da Palazzo Chigi non arriveranno sostegni importanti, saranno necessari interventi decisi e rapidi di ridefinizione del business e razionalizzazione di un gruppo che ora rischia di essere appesantito dalla eccessiva ramificazione delle attività. È su questo fronte che si sta muovendo Orsi, a partire proprio dalla Ansaldo Breda. Il manager sta cercando di far capire a sindacati ed enti locali che o si vende (anche in parte) o si chiude. L’ipotesi sul tavolo è quella di utilizzare Ansaldo Sts (in salute) come condimento per far digerire Ansaldo Breda (sull’orlo del collasso). I pretendenti ci sarebbero. Da General Electric, a Bombardier, fino ad Alstom. Ma la polemica è cresciuta al punto da arrivare fin dentro la maggioranza di governo. Un deputato fiorentino del Pdl, Riccardo Migliori, ha presentato ieri un’interrogazione urgente al governo proprio per difendere la Ansaldo dalla cessione. Sullo sfondo c’è il doloroso piano di ristrutturazione di Alenia, che prevede 1.200 esuberi e su cui i sindacati stanno ancora battagliando.
Difficoltà e intoppi che stanno attirando le attenzioni dei gruppi internazionali, a partire dai soliti francesi. Per ora la preda su cui punta Sarkozy è solo Avio, storico marchio torinese ora controllato da un fondo inglese e al 15% da Finmeccanica. La società, che sembra ormai aver rinviato il progetto di quotazione, è corteggiata con insistenza dalla Safran, colosso francese controllato al 30% dallo Stato, che avrebbe già dato incarico a Mediobanca e Ubs di formulare un’offerta.


© Libero