Non ci voleva l’aereo propagandistico con la scritta “Il Sud con Fini” per sapere che la sfida politica del presidente della Camera si combatterà in gran parte nelle terre del Mezzogiorno. È lì che Gianfranco Fini ha da sempre il grosso del bacino elettorale ed è lì che l’asse Lega-PdL, micidiale strumento di consenso nel Nord, si dimostra fragile e vulnerabile. Non solo alle lusinghe di Futuro e Libertà, ma anche a quelle dei centristi dell’Udc e dei vari movimenti “separatisti” di centrodestra. Al Sud c’è ad esempio la formazione politica guidata da Adriana Poli Bortone. Piccola, ma agguerrita al punto da azzoppare facilmente la candidatura di Rocco Palese contro il governatore della Puglia, Nichi Vendola. Proprio lei, qualche settimana fa, ha parlato apertamente di Partito del Sud. Secondo l’ex sindaco di Lecce, animatrice del movimento Io Sud, il Mezzogiorno «può diventare il polo di attrazione tra diverse forze politiche». Il link immediato è ovviamente con la Mpa di Raffaele Lombardo, con cui ha spiegato la Poli Bortone, «è stata già creata una federazione che raggruppa oltre cento tra consiglieri regionali e comunali».
In Sicilia la partita è complicata. Il PdL Sicilia, gruppo formato all’Assemblea regionale dalla scissione del PdL, è stato formato un anno fa proprio dagli ex An finiani. Decisione poi condivisa dal sottosegretario Micciché, anche lui con il pallino del Partito del Sud. Qualcuno ha già fatto delle simulazioni sul voto nell’isola ipotizzando un terzo polo formato da chi si è astenuto sulla mozione Caliendo, ovvero Fli, Udc, Mpa e Api. Ebbene i tre poli sarebbero lì a giocarsi la vittoria sul filo di lana del 32-33%. Fantapolitica? Forse. Più concreta, per ora, è l’azione politica che i finiani metteranno in atto nei prossimi mesi per dimostrare l’attenzione per il Sud. Federalismo e Mezzogiorno, del resto, sono due dei cinque punti su cui Berlusconi ha chiesto la fiducia. «Il federalismo è possibile solo se sarà fatto nell’interesse di tutta l’Italia, non soltanto nella parte più sviluppata del Paese», ha detto più volte Fini. Passando dalle parole ai fatti si tratterebbe di inserire nei decreti attuativi del federalismo una serie di correttivi che riguardano principalmente il fondo perequativo e l’applicazione dei criteri della spesa standard. Un modo per consentire al Sud di procedere gradualmente senza troppi traumi.
Ma in gioco non ci sono solo le risorse (e i costi) del federalismo. Fini insiste da un po’ anche sulla necessità di intensificare le politiche per il Mezzogiorno «puntando su grandi e pochi interventi di qualità ispirati allo sviluppo del capitale umano e delle reti». Anche domenica il presidente della Camera ha ribadito che, pur in assenza di risorse, bisogna trovare i mezzi per sostenere la competitività del Sud. Cosa ne dirà il ministro dell’Economia, che nelle prossime settimane dovrà portare in Parlamento la manovra? Bossi tempo fa ha tuonato: «Tremonti ha come nemico Fini perchè vuole i soldi da sprecare al Sud». In realtà, poco più di un anno fa Fini propose a Capri di fronte ai giovani industriali la creazione di una piattaforma nel Mezzogiorno per attrarre poli di ricerca ed eccellenze tecnologiche, destinando una quota della Finanziaria nei prossimi dieci anni. «È un’idea straordinaria, potrebbe essere un motore di sviluppo», disse lo stesso giorno, sempre a Capri, un entusiasta Tremonti.
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