mercoledì 15 settembre 2010

Cresce il debito, non la produttività

A prima vista le cose non vanno niente bene. Da qualunque angolazione lo si guardi, il dato complessivo, arrivato come al solito in contemporanea da Bankitalia e dal Tesoro, sull’andamento delle entrate sembra tracciare un quadro fosco per le finanze pubbliche. Il calo del gettito nei sette mesi si attesta a -3,4% secondo Via Nazionale (che utilizza il criterio di calcolo per cassa) e a -3,1% per Via XX Settembre (secondo il criterio di competenza). E sebbene ieri, a differenza di altre occasioni, le due cifre convergano, mai come questa volta il documento parallelo diffuso dalle Finanze merita una lettura più approfondita. Il calo è infatti quasi totalmente attribuibile alla flessione delle imposte dirette, in particolare al crollo (-52,5%) dell’imposta sostitutiva su interessi e altri redditi da capitale imputabile principalmente alla riduzione dei tassi d’interesse avvenuta nel 2009 e al calo dei rendimenti dei buoni fruttiferi postali. Una flessione ampiamente compensata dall’aumento dell’Ire (2,3%) e dell’Iva (+4%).
Un’altra voce che ha fatto sballare i conti è il venire meno delle entrate una tantum per il riallineamento dei valori contabili per l’adozione dei nuovi criteri internazionali Ias. Una sorta di posta straordinaria che ha pesato sulle entrate dello Stato per 4,2 miliardi rispetto ai complessivi 7 miliardi che mancano in confronto ai sette mesi del 2009. Contemporaneamente sono però aumentati del 10% gli incassi da ruoli. In sostanza, si legge nel documento del dipartimento delle Finanze, «al netto delle “una tantum” si registra una riduzione percentuale più contenuta, passando dal -3,1% a -1,3% per la competenza giuridica e dal -3,4% al -1,3% per gli incassi. Se a questo si aggiungono i ruoli, i conti di Giulio Tremonti non sembrano più così cattivi. «Nel complesso le entrate, inclusi gli incassi erariali dei ruoli e l’effetto nettizzante delle poste correttive evidenziano un lieve incremento dello 0,1%». C’è poco da discutere, invece, sul debito, che a luglio ha collezionato l’ennesimo record negativo. Il “buco” dello Stato italiano, arrivato a quota 1.838 miliardi, è cresciuto del 4,7% rispetto a luglio 2009 e del 4,3% sulla fine dell’anno scorso. In altre parole, se il gettito tiene e le entrate sono in linea con le previsioni, la spesa della pubblica amministrazione non riesce invece a rallentare la sua corsa. Un dato che non può non preoccupare, soprattutto, se letto insieme a quello diffuso sempre ieri da Eurostat relativo alla produzione industriale nel Vecchio continente. Come già confermato nelle scorse settimane, l’Italia sta ripartendo, ma troppo lentamente. A luglio l’avanzamento è stato dello 0,1% sostanzialmente in linea con quello dell’Eurozona e dell’Europa a 27, che non ha di fatto registrato variazioni. Rispetto allo stesso mese dello scorso anno, però, l’area Euro è cresciuta del 7,1% e la Ue a 27 del 6,8%. Nel nostro Paese, invece, il dato annuale parla di un aumento limitato al 4,8%, segno che la scossa su produttività e competitività per rilanciare l’economia italiana, su cui da più parti arrivano  sollecitazioni, non è più rinviabile.

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