mercoledì 8 settembre 2010

La Marcegaglia licenzia la Fiom

Chi sperava in un clamoroso divorzio tra Fiat e Confindustria resterà deluso. Senza pensarci due volte ieri, nella prima data utile dopo la pausa estiva, il direttivo di Federmeccanica ha disdetto ufficialmente il contratto del 2008. Una mossa che non cambia nulla per i lavoratori, ma cambia tutto per la Fiom, che ora si ritrova all’angolo e con le armi spuntate. Per gli operai, fino alla scadenza del 2012, resterà tranquillamente in vigore il contratto nazionale siglato nell’ottobre del 2009 da tutte le parti sociali tranne la Cgil. Per i duri della Fiom lo scenario è più complicato. Per loro quello firmato nel 2008 è l’unico contratto considerato valido. Ed è quello, soprattutto, su cui il sindacato dei metalmeccanici si preparava a condurre aspre battaglie legali contro il piano per Pomigliano e il progetto Fabbrica Italia di Sergio Marchionne. Proprio da qui sarebbe partita la riflessione di Federmeccanica. La decisione di cancellare l’accordo del 2008, ha spiegato il presidente Pierluigi Ceccardi, è avvenuta «a fronte delle minacciate azioni giudiziarie della Fiom in via meramente cautelativa».
L’iniziativa delle imprese della meccanica che aderiscono a Confindustria, malgrado l’effetto sorpresa, è tutt’altro che estemporanea. Da settimane la squadra di Emma Marcegaglia stava studiando il nuovo scenario posto dalle richieste di Marchionne per dare un colpo d’acceleratore alla produttività degli stabilimenti Fiat. E durante il direttivo, ha raccontato Ceccardi, è emerso «il convincimento che sia necessario proseguire con determinazione nell’adeguamento delle relazioni industriali, sindacali e contrattuali alla domanda di maggior affidabilità e flessibilità che proviene dalle imprese».
Ma alla soluzione decisa ieri da Federmeccanica si è arrivati anche con la collaborazione delle quattro sigle sindacali (Cisl, Uil, Ugl e Fismic) che hanno firmato sia gli accordi del 2009 sia il piano di Pomigliano e che in questi giorni hanno lavorato alla difesa del contratto nazionale come cornice di garanzia entro cui inserire le nuove regole chieste dal Lingotto. Ed è questo il quadro che si va componendo. La decisione di Federmeccanica scongiura i salti nel buio di Marchionne fuori da Confindustria e apre invece la strada alla trattativa sulle deroghe e alla definizione delle specificità del settore auto. Lo stesso Ceccardi, che ha smentito pressioni o spinte da parte della Fiat, ha proposto ieri di aprire «un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali per definire norme specifiche per il comparto dell’auto». I lavori potrebbero partire già il prossimo 15 settembre, quando si terrà una riunione «ricognitiva e progettuale» con le sigle. La Fiom, per ora, resta fuori, non avendo sottoscritto gli accordi del 2009. Ma l’auspicio, ha aggiunto Ceccardi, è che «riconosca quel contratto e possa partecipare anche lei».
La prospettiva non è dietro l’angolo, anzi.  «Quella assunta da Federmeccanica», ha tuonato il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, «è una decisione gravissima e irresponsabile, che lede i principi democratici del nostro Paese».  Per le tute blu della Cgil, che oggi decideranno le iniziative di protesta in un comitato centrale, «l’unico contratto in vigore rimane, sotto ogni punto di vista, quello del 2008 firmato da tutti e votato dai lavoratori». Un contratto, come ha ricordato l’ex presidente di Federmeccanica, Massimo Calearo, che «una forte tensione sociale ci spinse a concludere». Ma i tempi, ha aggiunto, «sono cambiati e la Fiom deve confrontarsi con la realtà dei fatti».
E intanto da Termoli arriva un altro segnale in questo senso. Un sorvegliante dello stabilimento della Fiat di Termoli è stato, infatti, licenziato per l’uso improprio di permessi sindacali. I sindacati per il momento preferiscono non fare dichiarazioni in attesa di conoscere i fatti in dettaglio.

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