sabato 18 settembre 2010

Romani fa ripartire la rete ultraveloce. Ma l’accordo è lontano

Eppur si muove. Dopo le tensioni dei giorni scorsi qualcosa sembra sbloccarsi sul fronte della banda ultra larga, la cosiddetta Rete di nuova generazione (Ngn). Dal tavolo del viceministro allo Sviluppo con delega alle Comunicazioni, Paolo Romani, sarebbe uscito un accordo di massima che potrebbe rappresentare il punto di partenza per un’intesa fra i gestori. Il condizionale è d’obbligo, perché il passo in avanti arriva dopo dieci giorni di scontri all’arma bianca culminati con l’uscita degli operatori alternativi (Fastweb, Wind, Vodafone, Bt, Aiip, Teletu, Tiscali e Welcome Italia) dal comitato Ngn voluto dall’Agcom. Una rottura provocata dalla diffusione di un documento sulle linee guida per la nuova rete che, è l’accusa, avrebbe riportato solo le posizioni di Telecom senza tener conto dei concorrenti.
Negli stessi giorni l’autorità per le Tlc ha varato un contestatissimo aumento del canone (unbundling) che gli operatori alternativi devono pagare per utilizzare la rete in rame dell’ex monopolista. Decisione che contrasterebbe con il trend europeo di diminuzione dei costi e che, aumentando la redditività della vecchia rete, rischia di rendere meno allettante per Telecom investire sulla nuova. A far alzare un altro po’ la temperatura ci ha poi pensato la Commissione europea, che nei giorni scorsi ha fatto trapelare  indiscrezioni sulle direttive che saranno pubblicate lunedì proprio in materia di rete di nuova generazione.
È questo il clima in cui si è aperto il tavolo col ministro. Una sessione tecnica, quella di ieri mattina, su cui Romani puntava proprio per superare le distanze e i dissapori delle ultime settimane. E le speranze non sono state disattese. Il vertice, al quale hanno partecipato tutti i duellanti, ha in sostanza definito il modello infrastrutturale di base, vale a dire come organizzare cavidotti, fibre ottiche spente, collegamenti verticali, permutatori ottici e collegamenti ottici per stazioni radio base, che «dovrà essere punto di riferimento dell’attività che governo, Enti locali e operatori prevedono di sviluppare congiuntamente».
Di sicuro, rispetto alla guerriglia che si era aperta, arrivare a mettere nero su bianco almeno un modello infrastrutturale condiviso è già molto. Ma il risultato è stato possibile solo grazie ad un rinvio dei nodi più spinosi. In primo luogo quello dell’architettura della rete. Il modello condiviso si può infatti definire “neutrale”, ovvero in grado di supportare sia la modalità “Gpon” che quella punto-punto. La prima, tanto per intendersi, è quella su cui punta Telecom, anche perché comporta molti risparmi per chi ha già il controllo della rete in rame. La seconda è quella preferita dagli operatori alternativi, che costa di più in fase di avvio ma è più remunerativa in seguito. Le differenze tra le due modalità non sono irrilevanti. Il punto-punto è del tutto aperto alla concorrenza, l’altro no. Se l’Ngn italiana dovesse essere in Gpon, infatti, nell’immediato i concorrenti privi di fibra propria potrebbero accedervi solo in modalità bitstream, con profili di servizio e velocità finali decise da Telecom. Non sarebbe possibile l’unbundling, cosa che  invece sembra stare molto a cuore anche alla Ue.
Pensare che sia scoppiata la pace, insomma, rischia di essere prematuro. Anche perché l’ex monopolista, spiega una fonte che segue la trattativa, “procede dritto sul Gpon e non ha alcuna intenzione di scendere a patti”. E se Bruxelles dovesse confermare l’aumento dell’unbundling, prosegue, “piazzerà un macigno sulla strada della Ngn”. In effetti, conti alla mano, la decisione peserà per circa 200 milioni l’anno sulle spalle degli operatori alternativi. Soldi che inevitabilmente andranno a intaccare il fondo da 2,5 miliardi previsto per lo sviluppo delle banda ultraveloce.
La partita, dunque, è ancora aperta. Il passo successivo sarà l’avvio, la prossima settimana, tramite una consultazione pubblica, di un censimento delle infrastrutture in fibra ottica presenti nel Paese e dei relativi piani di investimento per lo sviluppo delle stesse nei prossimi tre anni. Soddisfatto Romani, che ha ringraziato «tutti gli operatori che stanno contribuendo al progetto con grande professionalità e straordinaria disponibilità». Positivo anche il commento del presidente dell’Autorità, Corrado Calabrò, secondo il quale «poter disporre di un modello condiviso non può che agevolare il percorso di definizione delle nuove regole che l’Agcom si accinge a varare».

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