venerdì 24 settembre 2010

Ripresa senza lavoro. Più licenziati che assunti

Ripresa senza lavoro. È questo l’ossimoro che spaventa il Vecchio continente, dove i segnali di ripartenza dell’economia sembrano del tutto slegati dalle prospettive di crescita dell’occupazione. Non fa eccezione l’Italia, che pur restando molto al di sotto della media Ue (disoccupazione all’8,4% contro il 10% dell’Eurozona) non riesce a frenare l’emorragia di posti di lavoro. Secondo gli ottimisti, si tratta di una normale asimmetria temporale tra crescita economica e ripartenza delle assunzioni. Punta l’indice, invece, sul deficit di produttività Confindustria, che stima a fine 2010 un tasso di disoccupazione in salita all’8,7% e al 9,3 nel 2011.  Lo stesso Giulio Tremonti ieri ha ammesso che l’Italia, pur non essendo a rischio sul fronte dei conti pubblici e delle speculazioni finanziarie, ha un problema di crescita. «Dobbiamo fare di più per lo sviluppo», ha detto il ministro dell’Economia, intervenendo alla festa del Pdl a Cortina.
I numeri, per ora, non danno molto conforto. A luglio, secondo i dati diffusi ieri dalla Cisl, gli occupati si sono ridotti di 18mila unità, lo 0,1% rispetto al mese precedente, ma hanno toccato quota 172 mila rispetto a luglio 2009, lo 0,7% in meno. Uno scenario preoccupante, per il sindacato guidato da Raffaele Bonanni, che chiede al governo di mettere il tema occupazione al centro dell’agenda politica. La ricetta sarebbe quella di incentivare le nuove assunzioni, attraverso la valorizzazione dell’apprendistato come primo contratto per i giovani, il rafforzamento del part time e del credito d’imposta per i contratti al Sud.
Previsione fosche anche quelle arrivate, sempre ieri, dalla Cgia di Mestre.  Da Torino e Milano a Palermo, passando per Roma e Napoli: nel 2010, secondo l’associazione di artigiani e piccole imprese, in tutte le province italiane, saranno più i lavoratori licenziati che i nuovi assunti. Con situazioni particolarmente preoccupanti nei grandi capoluoghi del Mezzogiorno, che già nel 2009 registrano un tasso di disoccupazione a due cifre e con segnali di altrettanta sofferenza anche nelle roccaforti dell’industria manifatturiera del Nord.
La prospettiva è che a fine anno i senza lavoro potrebbero sfiorare quota 2.200.000 unità. «Nonostante i timidi segnali di ripresa registrati in questi ultimi mesi, gli effetti della crisi economica esplosa negli anni scorsi continuerà a far crescere l’esercito dei senza lavoro», argomenta la Cgia che ha condotto l’indagine mettendo a confronto il tasso di disoccupazione delle province con le previsioni occupazionali fatte dagli imprenditori italiani nell’indagine conoscitiva elaborata da Excelsior-Unioncamere. «A fronte di 802.160 nuove assunzioni previste nel 2010», dice Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre, «sono ipotizzati, sempre quest’anno, anche 980.550 licenziamenti. Pertanto, il saldo sarà pari a meno 178.390». La Cgia, a dire il vero, dimentica di sottolineare che, pur a fronte di un segno meno, il numero di assunzioni previste è superiore di 20mila unità rispetto al 2009 e che lo scorso anno, sempre in base ai dati Excelsior-Unioncamere, il saldo era ben più negativo, a meno 213mila unità.
Detto questo, il panorama industriale italiano non offre molti segnali incoraggianti. A partire dalle grandi aziende. Basti pensare al piano di 4.700 esuberi che Unicredit sta concordando in queste settimane con i sindacati, oppure all’accordo già raggiunto in Telecom per la messa in mobilità di 3.900 lavoratori.
Un altro colpo all’occupazione potrebbe arrivare da Fincantieri. Secondo la bozza circolata in questi giorni il piano di ristrutturazione della società conterebbe indicazioni per 2.500 esuberi in Italia. “Solo” 500, sono invece i lavoratori che rischiano il posto a Lecce, dove la multinazionale British American Tobacco (Bat), che ha rilevato i nostri tabacchi, intende chiudere gli impianti e delocalizzare la produzione.
Numeri più piccoli, ma sempre significativi, sono quelli su cui si sta trattando da alcune settimane a Treviso, dove la PepsiCo ha deciso di spostare la produzione di Gatorade e Lipton Ice Tea, mettendo a rischio circa 130 posti di lavoro.
Molti di più sono gli operai che potrebbero finire in mezzo alla strada per la ristrutturazione dell’azienda di abbigliamento intimo La Perla, che a Bologna prevede il licenziamento di 335 lavoratori su 665 dipendenti. Contemporaneamente, La Perla, prevede il taglio di 100 posti a San Piero in Bagno, in Romagna, e di altri 81, a Roseto degli Abruzzi, dove lo stabilimento chiuderà i battenti.
Finirà invece in Procura la lite tra sindacati e commissario liquidatore del Consorzio di Bacino di Napoli-Caserta, che ha avviato la procedura per mettere fuori dall’ente 424 lavoratori.
Ancora da scrivere, infine, il futuro dei 1.400 lavoratori dello stabilimento di Termini Imerese, dove Fiat chiuderà la produzione alla fine del 2011. Il prossimo appuntamento per verificare la presenza di candidati per la riconversione industriale dell’impianto si terrà martedì prossimo al ministero dello Sviluppo.

© Libero