sabato 25 maggio 2013

I partiti si tagliano i rimborsi. A parole

Sarà colpa del suo amore per l’Europa. Sta di fatto che Enrico Letta è uscito dal Consiglio dei ministri di ieri (che ha anche rinviato i dossier su ecobonus e agevolazioni edilizie) con un risultato che ricorda molto da vicino quelli dei grandi vertici di Bruxelles: sullo stop del finanziamento pubblico ai partiti c’è l’accordo, ma non la legge.

Doveva essere un atto simbolico e forte, il primo intervento concreto del nuovo esecutivo, la risposta netta e chiara alle richieste arrivate anche giovedì dall’assise degli industriali. «La politica ha capito la lezione, aboliremo i soldi ai partiti», aveva detto il premier dal palco dell’Auditorium di Roma. Ieri, però, da Palazzo Chigi è uscito più che altro molto fumo. Dell’arrosto, per ora, non c’è traccia. Il governo ha dato l’ok alle linee guida dell’abolizione del finanziamento, che costituiranno la base per un disegno di legge che sarà presentato nei prossimi giorni. Niente decreto, insomma. Anche se tutti assicurano che non ci saranno ripensamenti.

«Era un impegno programmatico,vado avanti su questa strada senza passi indietro», avrebbe detto Letta. «Il finanziamento pubblico va abolito, è sempre stato uno dei punti cardine del programma del Pdl», avrebbe rivendicato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Pure il ministro delle Riforme, Gaetano Quagliariello, avrebbe espresso tutta la sua soddisfazione. L’impegno comune è di accelerare il più possibile l’iter del provvedimento che, assicurano fonti governative, approderà al Consiglio dei ministri di venerdì prossimo.
Il ddl, secondo quanto ha spiegato il premier durante il Consiglio dei ministri, prevederà, come ha spiegato il premier Enrico Letta durante il Consiglio dei ministri, prevede «l’abrogazione delle norme attuali sul finanziamento pubblico dei partiti; la definizione di procedure rigorose in materia di trasparenza di statuti e bilanci dei partiti; la semplificazione delle procedure per le erogazioni dei privati in favore; l’introduzione dei meccanismi di natura fiscale, fondati sulla libera scelta dei contribuenti, a favore dei partiti; la disciplina di modalità di sostegno non monetario al funzionamento dei partiti in termini di strutture e servizi».

Sulla carta ci sono gli estremi per una rivoluzione. Ma anche quelli per un annacquamento delle norme. C’è già chi, ad esempio, come il neo segretario del Pd, Guglielmo Epifani, mette le mani avanti, parla di «scelta giusta», di «vittoria del buon senso» e di «sobrietà», ma ricorda anche che «il finanziamento pubblico ai partiti, che c’è in tutta Europa, è una norma giusta in sè». Di qui l’auspicio che si arrivi all’ abolizione delle sovvenzioni, ma solo «gradatamente». Anche l’ex capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto, ammette di «nutrire forti dubbi sull’abrogazione totale del finanziamento». Come al solito, spiega, «in Italia si passa da un estremo all’altro». Scontato il commento di Beppe Grillo, secondo cui la mossa del governo è solo «l’ennesima presa per il culo preelettorale del pdmenoelle».
Tra i buoni propositi annunciati ieri dal premier c’è anche un ddl del governo per disciplinare l’attività delle lobbies. Anche in questo caso si tratterebbe di un provvedimento rivoluzionario. Sulla carta.

© Libero