giovedì 30 maggio 2013

Per promuoverci l'Europa ci impone ancora sacrifici

Sei raccomandazioni stringenti con paletti invalicabili su Imu, Iva e spesa pubblica. Una serie infinita di compiti a casa e una raffica di allarmi sulle criticità del sistema Italia. Per essere una promozione, quella arrivata ieri da Bruxelles somiglia molto ad una camicia di forza. Il tanto atteso stop alla procedura d’infrazione per deficit eccessivo è puntualmente arrivato. Ma dopo aver letto il documento che accompagna la decisione, viene il dubbio che sia andata di gran lunga meglio a Francia, Spagna, Polonia e Slovenia, che hanno incassato due anni di proroga per riportare il deficit sotto il 3%. Regalo che il premier francese, Francois Holland, ha addirittura accolto con stizza, replicando alle richieste di Bruxelles sulla riforma delle pensioni con un secco: «La Commissione non ci dica ciò che dobbiamo fare». Persino il Portogallo (così come i Paesi Bassi) è riuscito ad incassare un anno di sconto.

L’Italia, invece, torna tra i Paesi virtuosi. Ma c’è poco da festeggiare. Per restarci, infatti, si preannunciano ulteriori ed abbondanti dosi di lacrime e sangue. Sul fronte dei conti pubblici i margini di manovra sembrano strettissimi, se non inesistenti. Malgrado il via libera, la preoccupazione di Bruxelles, messa nero su bianco nel documento in cui si raccomanda al Consiglio europeo lo stop della procedura, resta elevatissima. La Commissione ritiene «ottimistico» lo scenario macroeconomico sul quale si fondano le proiezioni di bilancio per il 2013 e «plausibile» dal 2015 in poi, «ferma restando l’attuazione piena delle riforme strutturali adottato, che non è scontata». L’Italia, ha detto il presidente della Commissione europea, Jose Manuel Barroso,  ha davanti a sè ancora «un grande lavoro da fare» per il consolidamento dei conti pubblici, l’alto livello di debito pubblico restante, «un peso enorme», ragione per cui «non possiamo dire che può allentare i suoi sforzi».
Anzi, dovrà intensificarli.  L’indicazione è quella di «portare avanti l’aggiustamento strutturale con un ritmo adeguato e mediante un risanamento di bilancio favorevole alla crescita, in modo da conseguire e mantenere l’obiettivo a medio termine a partire dal 2014; realizzare gli avanzi primari strutturali programmati per instradare l’elevatissimo rapporto debito/pil (secondo le previsioni al 132,2% nel 2014) su una traiettoria stabilmente in discesa; continuare a perseguire un miglioramento duraturo dell’efficienza e della qualità della spesa pubblica».

Il che significa che non ci sarà alcuno spazio, malgrado gli annunci, per un alleggerimento della pressione fiscale. A partire dall’Imu. L’Italia «ha margini di sicurezza molto ridotti per tenere il deficit sotto il 3% dopo le decisioni del nuovo governo sulla tassazione», ha spiegato il commissario agli Affari economici, Olli Rehn, riferendosi proprio allo slittamento della prima rata. In questo quadro, «è importante che l’Italia abbia accettato di introdurre forti clausole di salvaguardia che possono scattare nel corso dell’anno per assicurare che il deficit stia sotto al 3%», ricorda il commissario richiamandosi direttamente alla formulazione del decreto (che prevede la stangata a settembre in assenza di una riforma entro agosto), puntualizzando che «questa era una delle condizioni perché noi potessimo proporre l’abrogazione della procedura per l’Italia». L’unico sentiero che si potrà percorrere, come è specificato nelle raccomandazioni, sarà quello della «riforma del catasto allineando gli estimi e le rendite ai valori di mercato».

Strada bloccata anche sull’Iva. Sterilizzare l’aumento di un punto percentuale previsto a luglio è un’ipotesi non contemplata da Bruxelles, che piuttosto chiede di «trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente assicurando la neutralità di bilancio». Semmai, il governo dovrà «rivedere l’ambito di applicazione delle esenzioni e aliquote ridotte dell’Iva e delle agevolazioni fiscali dirette».
 La Commissione raccomanda poi all’Italia di «potenziare l’efficienza della pubblica amministrazione, semplificare il quadro amministrativo e normativo per i cittadini e le imprese, abbreviare la durata dei procedimenti civili e ridurre l’alto livello di contenzioso civile». Sul fronte finanziario, il governo dovrà «promuovere nel settore bancario pratiche di governo societario che sfocino in una maggiore efficienza e redditività, per sostenere il flusso del credito alle attività produttive». Sarà cruciale, infine «dare attuazione effettiva alle riforme del mercato del lavoro».

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