Il libro dei sogni si ingrossa, alimentandosi degli abbracci e dei sorrisi che Enrico Letta ha raccolto nel corso del suo tour per presentarsi alle cancellerie europee. Il neo premier si dice convinto che l’Europa saprà capire il nuovo corso dell’Italia offrendo sostegno e collaborazione. «Torno a Roma più ottimista di quando sono partito», ha detto ieri, perché in tutte le capitali che ho visitato ho constatato come «ci sia una consapevolezza che ci accomuna: i cittadini europei devono vedere l’Europa come strumento di soluzioni positive non di cose negative». E ancora: «Ho trovato un terreno ben arato e ho colto quanto sia importante il ruolo dell’Italia e quanto noi vogliamo giocarlo».
Nel suo girovagare, del resto, non ha ricevuto altro che consensi e disponibilità. Il capo dell’Eliseo, Francois Hollande, si è detto addirittura «felice» per l’arrivo «dell’amico Enrico», producendosi in calorose e prolungate strette di mano. Persino la dura cancelliera tedesca Angela Merkel, è sembrata più mansueta, assicurando che con il governo italiano si portà lavorare bene. Un clima di euforia che ha spinto la Commissione Ue a dirsi «fiduciosa» di poter chiudere la procedura per deficit eccessivo a carico dell’Italia. Con il presidente Josè Manuel Barroso che ha attribuito a Letta un «alto senso di responsabilità» e «la capacità di costruire ponti».
Eppure, al termine della trasferta che lo ha portato a Berlino, Parigi e Bruxelles, nessuno dei nodi aperti dal presidente del Consiglio sul tavolo europeo sembrano allentarsi. Il colloquio con la Merkel, al di là delle cortesie di circostanza, non registra passi avanti. La cancelliera è pronta a favorire la crescita, ma conferma i suoi paletti: la disciplina dei conti non si discute, soprattutto nei Paesi con problemi di bilancio come il nostro, che dovrebbero piuttosto introdurre quelle riforme strutturali necessarie a rilanciare la competitività.
Le cose sono andate senz’altro meglio a Parigi, dove l’intesa è forte e netta. Al punto che il presidente francese ha scelto le parole usate da Letta in Germania per dire che «l’Europa deve mettere la stessa determinazione che ha avuto sul rigore per rilanciare la crescita». Letta e Hollande sottolineano quanto siano urgenti nuovi interventi a favore della crescita, lasciando intendere che i primi risultati concreti potrebbero arrivare subito, al prossimo vertice di giugno. Le misure, però, devono ancora essere discusse e valutate. E nei mesi scorsi abbiamo imparato a nostre spese che la grande alleanza tra l’ex premier Mario Monti il numero uno dell’Eliseo non è stata in grado di partorire che qualche timido e spaurito topolino.
Il Letta tour si è chiuso ieri a Bruxelles, con il premier impegnato a convincere sia il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, sia il numero uno della Commissione, Barroso, che l’Italia manterrà gli impegni presi per uscire dalla procedura per deficit eccessivo.
In che modo, però, nessuno lo sa. Soprattutto dopo la raffica di promesse lanciate dal premier in pasto alla sua maggioranza nel giorno dell’insediamento. Qui si torna sul fronte interno, a Roma, ma la musica non cambia. Tanti abbracci e cordialità, poca sostanza. Come intervenire su Imu e Iva «lo decideremo insieme alla maggioranza, lo vedrete nelle prossime settimane», ha assicurato ieri il presidente del Consiglio, prima intervenendo ad un convegno del Cnel e poi incontrando a Roma il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria.
Letta ha ribadito la necessità di ridurre la pressione fiscale, restando, però, nella cornice del rispetto degli impegni per la tenuta dei conti pubblici. «Io», ha detto il premier, «ho indicato la direzione di marcia: l’Italia ha una pressione fiscale assolutamente insostenibile. Bisogna trovare i modi, senza rilassamenti nei conti pubblici, perché in prospettiva la pressione fiscale scenda senza sfasciare i conti pubblici. Questo è l’obiettivo. Abbiamo dietro le spalle mesi in cui la discussione si è avvitata su una discussione italo-italiana. Ora bisogna recuperare il tempo perduto, ecco perché ho corso per 36 ore in Europa».
Letta ha poi insistito sul rilancio dell’occupazione. «È necessario», ha detto, «un impegno forte che dia occasione e opportunità di lavoro, crescita, coesione territoriale. Questa parte deve essere messa in campo subito e non è una alternativa al rigore, perché i conti in ordine sono una condizione per dare lavoro. Credo che al Consiglio europeo di giugno non si debba aspettare oltre, questo potrebbe essere il segnale importante. Fare cose concrete, progetti contro la disoccupazione giovanile, sono le cose su cui puntiamo di più».
E per dare maggiore robustezza alle sue parole Letta ha anche annunciato che in vista del vertice Ue ci sarà una «task force», un «gruppo di lavoro congiunto tra l’Ocse, la presidenza del Consiglio e il ministero presieduto da Giovannini», proprio «per mettere a punto idee» per combattere la disoccupazione. Quelle idee che sul fronte delle tasse e dei conti pubblici ancora non si vedono.
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