Malgrado i toni ultimativi e bellicosi della vigilia («l’Europa così com’è non basta più, andiamo a trattare con la schiena dritta», aveva detto martedì Enrico Letta), ieri il vertice di Bruxelles si è svolto come doveva svolgersi: una discussione su energia ed evasione fiscale, i due temi all’ordine del giorno. Esiguo, se non nullo, lo spazio dedicato alle questioni che stanno a cuore all’Italia. E allo stesso premier. Con la cancelliera tedesca Angela Merkel che, abbandonando il summit, gli è passata accanto senza salutarlo e senza neanche degnarlo di uno sguardo. In barba alla promessa di Letta di non far «tornare l’Italia oggetto di scherno».
Il presidente del Consiglio si è comunque divertito. Ha raccontato «l’emozione del battesimo», spiegando di aver «trovato molto interessante la discussione bella e forte su tanti temi». Le «risposte concrete» che aveva chiesto in Parlamento, però, malgrado i due bilaterali con il premier britannico, David Cameron, e il presidente Ue, Herman Van Rompuy, non si sono viste. A Bruxelles è andato in scena l’ennesimo rimando al famoso Consiglio europeo di giugno, ormai caricato di tante e tali attese sul destino dell’Italia da rendere praticamente inevitabile un risultato deludente. «Sono molto soddisfatto che Van Rompuy abbia accettato e comunicato la nostra proposta sul fatto che al prossimo consiglio Ue il tema della lotta alla disoccupazione giovanile sarà il punto qualificante su proposta italiana», ha detto trionfante Letta, aggiungendo anche che Van Rompuy «verrà a Roma il 31 maggio per parlare di questo».
E di occupazione, ha annunciato il premier tentando di farlo passare come un altro appuntamento di svolta, si discuterà anche il 3 luglio a Berlino, in un vertice dei ministri del Lavoro Ue. Al di là del calendario dei lavori, fitto e serrato, la merce sul tavolo di Bruxelles non sembra cambiata.
L’Italia potrà tuttalpiù ottenere lo sblocco anticipato al 2013 dei 400 milioni (sui 6 miliardi stanziati complessivamente a partire dal 2014) dedicati all’occupazione dei giovani e, forse, l’esclusione di alcuni investimenti per stimolare la crescita dal calcolo del deficit pubblico. Cosa che, come ha detto lo stesso Letta, può essere solo considerata un primo passo: «Sei miliardi non bastano, però partiamo da lì».
Anche il vertice, d’altra parte, non ha sortito granché. I leader europei sono tutti d’accordo nel dire che l’evasione fiscale va combattuta, ma non riescono ad andare oltre l’affermazione del generico principio. «Avrei voluto che fossero più espliciti e precisi», ha lamentato il presidente della Commissione Ue Josè Barroso, mentre i capi di Stato, da Hollande alla Merkel, hanno applaudito ai «progressi», pur limitati, di un dossier che da anni era bloccato dalle resistenze di Austria e Lussemburgo. Il vertice Ue appositamente convocato per affrontare il delicato tema della lotta all’evasione, raccoglie «un ampio consenso sul principio dello scambio automatico di informazioni», ha spiegato laconico Van Rompuy.
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