giovedì 30 maggio 2013

Berlino inquina, noi facciamo i virtuosi

L’Italia ambientalista festeggia. Forse. Secondo le stime diffuse ieri da Eurostat il nostro Paese è ancora al terzo posto per livello di emissioni di CO2, con 366 milioni di tonnellate prodotte, ma nel 2012 siamo a pieno titolo nel gruppo degli Stati virtuosi che hanno sforbiciato di più la quota di gas nocivi rilasciata nell’atmosfera.

 In cima alla classifica dei Paesi inquinatori ci sono Germania e Gran Bretagna, che l’anno passato hanno rilasciato rispettivamente 728 milioni e 472 milioni di tonnellate di anidride carbonica, aumentando addirittura la quota dello 0,9 e del 3,9%. Poco disciplinate anche  Francia e Spagna, che si piazzano poco sotto l’Italia per valori assoluti di emissioni (rispettivamente 332 e 258 milioni di tonnellate), e hanno ridotto i volumi soltanto dello 0,8% e dell’1,4%.
Complessivamente, a livello europeo le emissioni di CO2 nel 2012 sono scese del 2,1% rispetto al 2011, quando il taglio era stato più robusto, del 4,1%. Secondo Eurostat il livello di emissioni si è ridotto in 23 Paesi su 27. Le pecore nere, oltre a Germania e Gran Bretagna, sono Malta (+6,3%) e Lituania (+1,7%). A tagliare di più la quantità di CO2 prodotta sono stati invece Belgio e Finlandia (-11,8%), Svezia (-10,1%) e Danimarca (-9,4%), ma anche Cipro (-8,5%), Bulgaria (-6,9%), Slovacchia (-6,5%), Repubblica ceca (-5,2%) e poi Italia e Polonia (entrambe -5,1%). Con quest’ultima che tallona l’Italia anche in termini assoluti: 297 tonnellate.

Un po’ diversa è, però, la situazione se allarghiamo l’arco temporale della rilevazione. A tracciare il bilancio dell’ultimo ventennio ci ha pensato l’Agenzia europea dell’ambiente, secondo cui il taglio di CO2 dell’Unione europea tra il 1990 e il 2011 è stato del 18,4%. All’interno di questa percentuale il contributo del nostro Paese non è stato così rilevante come potrebbe far pensare il dato dell’ultimo anno. Nello stesso periodo, infatti, l’Italia ha ridotto le sue emissioni solo del 5,8%, molto meno di quanto fatto da altri grandi Paesi europei. In testa, guarda caso, ci sono proprio le attuali pecore nere come Gran Bretagna e Germania, che dal 1990 al 2011 hanno tagliato i volumi di CO2 rilasciata nell’atmosfera del 28 e del 26,7%. Robusta sono state anche le sforbiciate messe in atto da Polonia (-12,6%) e Francia (-12,7%). Mentre la Spagna ha invece aumentato la CO2 prodotta del 23,9%.

A ben guardare, insomma, l’Italia sarebbe ancora in ritardo. E forse il buon risultato del 2012 è da imputare anche agli effetti della crisi economica, che ha comportato una consistente riduzione dei consumi energetici. Stando a quanto previsto dalla Strategia energetica nazionale (Sen), comunque, il Paese dovrebbe recuperare in fretta e arrivare al 2020 con indicatori addirittura migliori degli obiettivi europei. Resta da capire se questo è il momento migliore per accelerare, considerato che a fronte di futuri e possibili risparmi, la riduzione dei gas serra nel medio periodo è assai costosa. Il taglio della CO2 avviene, oltre che attraverso una politica di riduzione dei consumi, principalmente attraverso due canali: l’efficientamento energetico e lo sviluppo delle rinnovabili. Sul primo fronte la Sen stima l’aumento dei costi del meccanismo dei certificati bianchi dagli attuali 400 milioni a 1 miliardo, 200 milioni è invece il costo del conto termico per rendere eco-compatibile la Pa, mentre per le detrazioni fiscali gli oneri per la collettività saliranno da 1,1 a circa 1,5 miliardi nel 2020. Quanto agli incentivi per le rinnovabili, seppure in rallentamento rispetto alla crescita esponenziale degli anni scorsi, la Sen prevede un costo in bolletta di 11,5-12,5 miliardi l’anno per venti anni.

© Libero