Mario Monti non lo può vedere. «Ce l’ha con me e con l’Italia», aveva detto. In realtà, quando l’editorialista tedesco del Financial Times, Wolfgang Munchau, aveva previsto per il premier uscente un modesto quarto posto ci aveva visto lungo. Nessuna questione personale. Solo una previsione azzeccata. E neanche fino in fondo. Il risultato ottenuto dalla coalizione guidata dal Prof può infatti essere definito senza troppi giri di parole una vera e propria débâcle. Sia rispetto ai sondaggi sia rispetto alle attese dello stesso Monti. «Non so dire quale sarebbe un risultato soddisfacente», aveva detto solo qualche giorno fa il premier uscente, «veniamo da un’esperienza di governo molto impopolare e veniamo da un mese di vita: il 15% è molto, ma è poco rispetto alle nostre ambizioni». Quel poco si è trasformato, alla prova delle urne, in pochissimo.
Alla Camera l’ex rettore della Bocconi, stando agli ultimi dati disponibili, si è dovuto accontentare dell’8,4%. Percentuale raccolta a livello nazionale dalla sua Scelta civica. Considerando anche il debole supporto dell’Udc e di Fli, e quello inconsistente di Italia Futura del defilatissimo Luca Cordero di Montezemolo, il risultato varia di poco, permettendo alla coalizione di raggiungere su base nazionale una quota del 10,5%. Stessa musica, più o meno, al Senato, dove il listone unico Con Monti per l’Italia, costituito per aggirare le soglie di sbarramento previste dalla legge elettorale per le liste collegate, non è andato, sempre secondo le ultime rilevazioni, oltre un modesto 9,2% complessivo (sempre su base nazionale).
Magro il bottino raccolto in termini di seggi. Alla Camera l’insieme delle liste riunite sotto l’emblema di Monti riesce a raggranellare solo 45 deputati. Per avere un’idea dell’ordine di grandezza basti pensare che l’Udc di Pierferdinando Casini alle scorse elezioni era riuscita a far eleggere a Montecitorio 36 candidati. Ancora più impalpabile il risultato ottenuto a Palazzo Madama, dove, non essendo riuscito a raggiungere in molte regioni la soglia di sbarramento necessaria per accedere alla distribuzione dei seggi, la lista del Prof porta a casa nella migliore delle ipotesi una ventina di senatori.
L’esito del voto non stupisce più di tanto se si pensa agli ultimi dodici mesi di lacrime e sangue, di stangate fiscali, di riforme pasticciate e poco incisive. Ma è sorprendente se si considera che solo un anno fa il prestigioso professore della Bocconi era stato salutato dagli italiani come il salvatore del Paese, l’unico in grado di restituire all’Italia la credibilità e l’autorevolezza perduta di fronte ai partner europei, le istituzioni internazionali e i mercati. Credibilità e autorevolezza che solo qualche settimana fa è stata ribadita con clamore durante la non casuale, vista l’imminenza del voto, trasferta americana. Lo scorso 9 febbraio Monti era stato celebrato negli Stati Uniti come una specie di divinità. Il presidente Barack Obama gli ha aperto le porte della Casa Bianca, i principali quotidiani lo hanno incensato, i manager delle grandi multinazionali hanno fatto a gara per incontrarlo. La sbornia è proseguita anche negli ultimi scampoli di campagna elettorale, con il Prof che ha continuato ad ostentare un misto di arroganza e sicurezza che sembravano presagire altri esiti elettorali. Anche i sondaggi, del resto, accreditavano il Prof di ben altre percentuali.
Di qui il comprensibile effetto destabilizzante della mazzata elettorale arrivata ieri. Con il presidente del Consiglio uscente che non solo si è visto soffiare il terzo posto dall’ex comico Beppe Grillo, ma ha chiuso la gara ad un livello che marginalizza il suo ruolo, boccia la sua strategia e assottiglia incredibilmente i margini di manovra per il futuro. Il Prof, appresi i dati, è rimasto chiuso tutto il pomeriggio nel suo studio di Palazzo Chigi con qualche fedelissimo. A partire dal portavoce della coalizione Mario Sechi, l’ex ministro Andrea Riccardi e l’ex commissario del governo Enrico Bondi. Deluso dai numeri, ma convinto di poter ancora giocare un ruolo nei futuri equilibri politici, soprattutto in un quadro complesso come quello che si sta delineando. È questo, stando a quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi, lo stato d’animo di Monti durante la prima analisi del voto. Il Prof ha ammesso che «i dati potevano essere migliori», ma resta convinto di poter giocare le sue carte nello scenario di ingovernabilità al Senato. «L’ipotesi grande coalizione ci favorisce, ma dipende molto da come si pongono i singoli protagonisti», ha spiegato uno dei consiglieri di Monti, forse con un po’ di ottimismo. Malgrado la spallata, insomma, il professore non sembra disposto a mollare. Come ha detto Andrea Romano, «Scelta civica ha incassato un risultato che farà pesare». E c’è chi sostiene che il Prof più che i voti spera di poter far pesare la reazione negativa dei mercati. Anche se l’arma appare ora un po’ spuntata, non è escluso che Monti tenti di utilizzare i suoi rapporti internazionali (a partire dall’asse con Berlino) per far tornare il suo nome spendibile per possibili incarichi istituzionali.
L’idea di poter tornare in partita con un ruolo di garanzia sovranazionale è, del resto, trapelata dalle parole dello stesso Monti, che a tarda sera, senza mai nominare Fini e Casini, si è detto «molto soddisfatto» del risultato elettorale e ha invocato la «creazione di un nuovo governo per non vanificare i sacrifici finora fatti». «Da quando è nata Scelta civica», ha spiegato, «gli italiani hanno dato 60mila voti al giorno al nostro programma, che non conteneva promesse, ma la prosecuzione di un percorso con un saldo ancoraggio all’Europa». Monti ha anche spiegato che Scelta Civica diventa ora «struttura» e sarà il riferimento di tutti coloro che, ha ribadito, vogliono un Paese «competitivo e ancorato all’Europa». Per essere ancora più chiaro, Monti ha anche criticato la mancata modifica della legge elettorale, invocata anche da Napolitano, «che contiene un premio di maggioranza che non esiste in nessun Paese del mondo e crea una sproporzione evidente rispetto al risultato elettorale».
Intanto oggi il Professore avrà modo di fare il punto con la sua squadra di governo. Per le 11 è previsto un Cdm, convocato formalmente per sbrigare l’ordinaria amministrazione.
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