sabato 9 febbraio 2013

Sberlone europeo. Vince il rigore, mancetta all'Italia

La rapidità con cui Mario Monti si è premurato di sottolineare che la strategia dei negoziati italiani è stata discussa con Alfano, Bersani e Casini non lascia molti dubbi sull’esito della trattativa. Dopo una notte passata a limare e sforbiciare la sua bozza sul bilancio Ue, il presidente Herman Van Rompuy si è presentato alle 6.30 del mattino dai 27 capi di Stato e di governo con un ennesimo testo su cui si è trovato l’accordo finale. Sulla natura del compromesso le cifre parlano chiaro: il tetto complessivo di spesa per il periodo 2014-2020 è stato fissato a 960 miliardi per gli impegni e 908,4 per i pagamenti effettivi.

Per convincere il blocco rappresentato dalla Gran Bretagna (il cui mega sconto sulla contribuzione è rimasto intatto) e da quelli che il premier David Cameron ha definito suoi «alleati», Germania, Olanda, Svezia e Danimarca, Van Rompuy ha dovuto sforbiciare di altri 11 miliardi la sua proposta dello scorso novembre. Il risultato complessivo è, per la prima volta nella storia della Ue, un ribasso di circa 35 miliardi (sia su impegni che su pagamenti) rispetto al bilancio precedente. Ma il confronto che fa più impressione è quello con l’iniziale proposta di giugno della commissione Ue, che prevedeva impegni di spesa per 1.033 miliardi e impegni di pagamento per 987,5 miliardi, con una differenza che ammonta rispettivamente a 73 e 79 miliardi.
Il premier uscente Monti ha parlato senza esitazione di «risultato soddisfacente» sbandierando il miglioramento del saldo netto negativo del nostro Paese (da -4,5 miliardi a -3,85) e i 3,5 miliardi di fondi aggiuntivi (1,5 per le politiche agricole e 2 per le politiche di coesione) che l’Italia avrebbe incassato rispetto alla proposta di fine anno. Ma sulla vera battaglia, che era quella sulla crescita, appare difficile sostenere il buon esito della trattativa. La questione stava molto a cuore sia all’Italia di Monti sia alla Francia di Francois Holland. Sul capitolo infrastrutture, innovazione e ricerca, però, i due sono riusciti a portare a casa solo 125,69 miliardi, 13,8 in meno rispetto rispetto ai 139,54 del fallito vertice di novembre e addirittura 39 in meno rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea di 164,3 miliardi. Che la voce sia aumentata di 34 miliardi rispetto al bilancio 2007-2013 è una consolazione magra e buona solo per le dichiarazioni di circostanza, considerato che Van Rompuy, per risollevare l’Unione devastata dalla crisi, puntava ad ottenere almeno 60 miliardi aggiuntivi.

Squisitamente bipartisan il giudizio sull’operato del Professore. «Nel bilancio Ue vince l’Europa del nord, l’Europa egoista. Monti ha fatto l’ennesima brutta figura», ha commentato l’economista del Pdl, Renato Brunetta. «La buona notizia è che si sia trovato un accordo, la cattiva è che la linea nordica della frenata sull’integrazione ha fatto un passo avanti», gli ha fatto eco il vicesegretario del Pd, Enrico Letta. Molto scontenta anche la Confindustria. «Reputiamo inadeguato», si legge in una nota, «il compromesso raggiunto sul tetto di spesa così come la scelta di un bilancio eccessivamente conservatore che penalizza voci come ricerca, innovazione e infrastrutture che contribuiscono a far uscire l’Ue più presto dalla crisi».
Che Cameron e Angela Merkel siano i vincitori del duello sul bilancio è fuori di dubbio. La stampa tedesca ha subito celebrato la vittoria della Cancelliera, dando però anche un interessante chiave di lettura sulle mosse di Monti. La tesi è che il premier non sarebbe mai riuscito ad ottenere lo «sconto» sulla contribuzione senza l’aiuto della Merkel, la quale avrebbe difeso il Prof da Hollande. In altre parole, pur di portare a casa lo sconto, da utilizzare in campagna elettorale, Monti avrebbe rotto l’asse con la Francia, sacrificando così la possibilità di ottenere qualche risultato in più sulla crescita.
Ora, comunque, la parola passa al Parlamento europeo, che dovrà approvare la proposta. I primi giudizi arrivati da Strasburgo preannunciano aria di tempesta. L’accordo «indebolisce la competitività invece di rafforzarla», si legge in un comunicato congiunto di tutti i leader dell’Europaralmento, che puntano il dito anche sull’eccessiva creazione di deficit (lo scarto tra impegni di pagamento e di spesa) in violazione dei Trattati.

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