Imu, fondo taglia-tasse, esodati, Iva. A pochi mesi dalla scadenza il governo ha deciso di mostrare il suo volto umano. La sensazione, considerati il clima da campagna elettorale e l’insistenza con cui si parla del Monti-bis, è che l’esecutivo voglia far credere agli italiani che il tempo dell’austerity stia per finire e che, se solo ce ne fosse il tempo, da qui in poi sarebbe tutto una sforbiciata di tasse e uno stanziamento di risorse.
Sul fronte del fisco c’è il sottosegretario all’Economia, Vieri Ceriani, che smentisce, com’era ovvio, le indiscrezioni su possibili tagli immediati, ma spiega, riallacciandosi all’estemporanea dichiarazione fatta giovedì da Mario Monti, che «si potrebbe valutare la possibilità di anticipare al 2013 l’attivazione del Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale». Il tutto si è poi ridotto ad una norma, inserita nella delega fiscale, che prevede la possibilità di attivare il fondo dal prossimo anno, ma con operatività dal 2014. Ma è l’effetto annuncio quello che conta. Così come sull’Imu, dove l’esponente di governo dice che «si potrà intervenire più opportunamente», con un provvedimento di «legge ordinaria, che potrà essere approvato anche prima della fine dell’anno, e comunque in tempi rapidi». Poi, però, si scopre che la questione riguarda la quota di gettito che va ai Comuni e quella che resta allo Stato. Sempre Vieri Ceriani assicura poi con orgoglio che «a breve sarà emanato un apposito decreto interministeriale che amplierà fino a 2 milioni la soglia di attivazione dell’Iva per cassa». Bene. Una boccata d’ossigeno per le imprese, che non dovranno più pagare il fisco anche senza aver incassato le fatture. Ma la notizia è che la norma non è ancora entrata in vigore, malgrado fosse inserita nel decreto sviluppo (grazie a un emendamento del relatore del Pdl, Raffaello Vignali) diventato legge il 12 agosto.
A scendere in campo c’è poi il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, il quale precisa che l’impegno del governo è quello «di evitare l’aumento dell’Iva in maniera strutturale», mentre si lavora «per creare le condizioni affinché dalla prossima legislatura si possano ridurre le tasse». E a prospettare un futuro di alleggerimento ci si mette pure la ministra del Welfare, Elsa Fornero, che riguardo ad un taglio del cuneo fiscale, spiega: «Credo sia onesto dire che gli spazi nel limitato tempo che abbiamo come governo siano molto molto scarsi». Semmai, aggiunge, è possibile «qualcosa di molto selettivo», una «boccata di ossigeno». Eppure, era proprio lei che al Meeting di Cl a Rimini, a fine agosto, aveva spiegato che «le tasse sul lavoro sono troppo alte», e che il suo «impegno» era quello di portare in Consiglio dei ministri la proposta di «una riduzione del cuneo fiscale per tutte le imprese che valorizzano il capitale umano».
Ma il colpo della Fornero riguarda gli esodati. Il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, un po’ restio a dare il via libera ad un’altra voce di spesa, ha finalmente controfirmato il secondo decreto per salvare un’altra fetta di chi è rimasto senza lavoro e senza pensione per colpa della riforma Fornero. Ora il ministro del Welfare può vantarsi di aver complessivamente «salvaguardato 120mila persone» (65 col primo e 55 ieri), aggiungendo che il governo francese ne ha salvaguardati solo 100mila e che «le soluzioni che cercano di ottenere tutto non sono né di buon senso, né eque ma solo velleitarie ed elettoralistiche». Resta il fatto che i 120mila esodati, la cui protezione costerà complessivamente 9 miliardi, sono il frutto di un pasticcio del governo e che molte stime parlano di 250-300mila persone incastrate dalla riforma Fornero. Che ne sarà degli altri?
Tra gli annunci dal sapore elettorale che lasciano l’amaro in bocca sembra, infine, rientrare a pieno titolo anche il decreto sviluppo appena licenziato. Il cosiddetto trasforma-Italia, che dovrebbe far fare al Paese un balzo da gigante sul fronte dell’innovazione e mettere il turbo alle nuove aziende, ha lasciato gli imprenditori molto perplessi. Per i grandi, rappresentati dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, il provvedimento è poco più di «un aperitivo». «Trovo tutto abbastanza timido», ha detto il leader degli industriali, spiegando che bisogna «accelerare il passo». Lo sforzo fatto fin qui dal governo è «apprezzato», ma l’esecutivo è «invitato ad alzare l'asticella». Il testo ha poi «limiti evidenti», in particolare nella norma sul credito di imposta per le opere strategiche. Il limite del 50% dell’investimento per il credito d’imposta «come viene deciso? Non era forse meglio fissare una quota certa?», e «perchè non vengono inserite anche le partnership pubblico-private?», si è chiesto Squinzi, sperando che sia possibile correggere il tiro durante l’iter parlamentare.
Anche per i piccoli il decreto è deludente. «Per rimettere in moto la crescita serve ben altro», ha detto il presidente di Rete Imprese Italia, Giorgio Guerrini, aggiungendo che «la situazione economica impone scelte più nette e orientate alla realtà del tessuto produttivo italiano».
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