sabato 20 ottobre 2012

Dai rubli a Unipol a Penati. Tutti gli affari della sinistra che ora tuona contro la finanza e le Cayman

Dall’oro di Mosca, alle coop rosse, dal compagno Greganti fino alle autostrade lombarde, passando per Mps, la Compagnia di San Paolo e la merchant bank di Palazzo Chigi. Ne ha fatta di strada il vecchio Pci da quando per maneggiare un po’ di soldi bisognava presentarsi con il cappello in mano agli agenti del Kgb in servizio presso le residenze diplomatiche in Italia dell’Unione Sovietica.

Finiti i rubli (o meglio i dollari) di Mosca, per raggranellare quattrini la macchina da guerra di Botteghe Oscure dovette rimboccarsi le maniche e mettere in piedi il sofisticato sistema delle coop rosse, un ingranaggio così complicato ed elaborato da riuscire indigesto persino a magistrati di rango come Carlo Nordio e Felice Casson, che per comprenderne i dettagli hanno dovuto sudare sette camicie. E che dire del povero Primo Greganti, costretto ad intestarsi un conto (il famoso Gabbietta) per ricevere le “presunte” tangenti del Pci e ad andare in giro con valigie zeppe di soldi che però nessuno nel partito voleva ritirare. Poi, le cose si sono fatte più serie. «Abbiamo una banca», ha esultato nel 2004 l’ex segretario del Pd, Piero Fassino, al telefono con l’allora manager di Unipol, Giovanni Consorte, riferendosi alla famosa scalata ad Antonveneta. Le cose, però, sono finite male. Consorte si è beccato un paio di condanne per insider trading e aggiotaggio, vicenda quest’ultima legata al finanziere bresciano Chicco Gnutti, ora passato alla storia come uno dei furbetti del quartierino, ma nel 2000 meglio conosciuto come, per usare una definizione di Massimo D’Alema, uno dei «capitani coraggiosi», insieme a Roberto Colaninno, che scalarono la Telecom. Ma quelli, per dirla alla Guido Rossi, in cui a Palazzo Chigi, con il governo D’Alema, si era insediata l’unica «merchant bank in cui non si parla inglese».

Quanto a Fassino, per la vicenda Unipol il rinvio a giudizio se l’è beccato Silvio Berlusconi, per avere, è la tesi dell’accusa, fornito al Giornale le intercettazioni della telefonata di cui sopra. Guai a ricordare al Pd che una banca già ce l’avevano. Alla fine l’Antonveneta è arrivata. Ma l’operazione per Mps, il terzo gruppo creditizio italiano da sempre intrecciato a doppio filo con il potere rosso locale e non, si è rivelata fatale. L’acquisizione di Antonveneta è ora al vaglio della procura senese e il nuovo presidente della Banca Monte Paschi, quell’Alessandro Profumo che partecipò alle primarie del Pd che incoronarono Prodi e che più volte fu indicato come l’uomo giusto per prendere in mano il partito (il cosiddetto Papa straniero), si trova adesso a rimettere in sesto un’istituto di credito che fa acqua da tutte le parti.
Le cose sono andate molto male anche per l’ex braccio destro di Pier Luigi Bersani, Filippo Penati, che dalla poltrona più alta della provincia di Milano gestisce con disinvoltura affari e appalti, compresa la mega cessione delle quote pubbliche dell’Autostrada Serravalle al gruppo guidato da Marcellino Gavio. Vicende di cui dovrà ora rispondere ai magistrati di Monza che hanno da poco chiesto il rinvio a giudizio.
Ma non tutto quello che tocca il Pci-Pds-Pd prende una cattiva piega. Anzi. L’ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, ad esempio, è felicemente e tranquillamente seduto su una delle poltrone più importanti della finanza italiana. Dal maggio scorso è infatti presidente della Compagnia di San Paolo, potente fondazione piemontese che controlla una quota del 9% la prima banca italiana Intesa Sanpaolo. Grazie al suo nuovo incarico, per cui è stato fondamentale il placet dell’attuale sindaco di Torino, Fassino, Chiamparino, dopo una vita da dirigente del Pd è anche diventato vicepresidente dell’Acri, l’associazione delle fondazioni guidata dall’inossidabile Giuseppe Guzzetti.

E le fondazioni sono presenti in massa, con una quota del 30%, nella principale banca pubblica italiana, che risponde al nome di Cassa depositi e prestiti. Nata per finanziare gli enti locali con la liquidità del risparmio postale, la Cdp sembra oggi essere diventata il crocevia di tutte le operazioni industriali del Paese. Dall’energia alle tlc, dalle infrastrutture ai trasporti, non c’è dossier dove la Cassa non sia coinvolta direttamente o indirettamente, o semplicemente invocata, considerata la sua potenza di fuoco di oltre 220 miliardi raccolti attraverso i libretti di risparmio e i buoni fruttiferi. A muovere i fili da una presidenza che, malgrado l’avvicendamento di diversi amministratori, mantiene saldamente dal novembre 2008 c’è una vecchia conoscenza della politica italiana: l’ex ministro e sottosegretario del Pd, Franco Bassanini.

© Libero