venerdì 5 ottobre 2012

Monti fa il Silvio: tagliamo le tasse

Molti stanno ancora strabuzzando gli occhi, ma la notizia è vera. Per la prima volta da quando siede sulla poltrona di Palazzo Chigi, interrogato sul tema della riduzione delle tasse, il professor Mario Monti non ha risposto il solito categorico «non ora», ma un ben più rotondo «non lo escludo».

Certo, contestualizzando la frase, il messaggio perde un po’ di intensità. Al termine dell’incontro con l’intergruppo parlamentare Enrico La Loggia gli chiede: «È possibile immaginare, da qui alla fine della legislatura, anche soltanto individuare un percorso, per una prima tappa della riduzione fiscale?». Il premier resta un po’ in silenzio, poi ripete due volte la frase «individuare un percorso, per anche soltanto una prima tappa», infine risponde: «Non lo escludo». E giù applausi e risate.
Non è molto, ma per il tartassatore della Bocconi è anche troppo, considerato che solo qualche settimana fa aveva frenato con decisione il dibattito spiegando che «sulla questione degli alleggerimenti fiscali bisogna stare attenti perché poi ad essere gravato sarebbe l’intero paese», e che il 16 agosto, dopo una serie di indiscrezioni su un possibile taglio dell’Irpef, aveva smentito categoricamente spiegando «che il carico fiscale sulle persone fisiche e sulle imprese in Italia è senz’altro eccessivo, ma in questo momento l’attenzione per il riequilibrio della finanza pubblica non può essere allentata». E ancora: «Un fisco meno gravoso è una sacrosanta esigenza. Renderlo possibile, senza fare promesse irrealizzabili, è un obiettivo tra i più importanti per il governo». Ma distribuirne i benefici a riforme e risanamento non completati, «sarebbe prematuro».
Cosa è successo da allora? Abbiamo forse completato il risanamento? I conti pubblici, in realtà, sono tutt’altro che migliorati e le stime del pil sono addirittura precipitate per l’anno in corso dal -1,2% di aprile al -2,4% di qualche giorno fa con la nota di aggiornamento del Def. E siccome è difficile pensare che Monti sia sia improvvisamente convertito alla linea ribadita di recente dalla Corte dei Conti, secondo cui più tasse portano più recessione e mettono a rischio il pareggio di bilancio, i motivi devono essere altri.

C’è chi sostiene che il professore sia entrato in campagna elettorale (del resto ieri si è anche attardato a firmare autografi ad alcuni ammiratori) e chi, invece, ritiene la frase una promessa vaga e senza alcun prospettiva. Due cose, in realtà, non così in contraddizione. Di sicuro, rispetto alla linea del «non ora» fin qui seguita da Monti, parlare anche solo di un percorso di riduzione delle tasse entro la fine della legislatura è qualcosa che non può passare inosservato. Come dimostra la mezza smentita di Palazzo Chigi, che ha tenuto a precisare che «nulla ha detto il presidente del Consiglio su misure fiscali da adottarsi».
Sulla versione «propaganda elettorale» non ha dubbi il leghista Roberto Calderoli, che definisce il messaggio lanciato ieri «un’ulteriore testimonianza della sua discesa in campo in politica». Imprese e sindacati, comunque, apprezzano la svolta. «Mi fa piacere», ha commentato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che negli ultimi giorni ha intensificato gli attacchi sul peso eccessivo del fisco. «Siamo pronti a discuterne», ha detto senza indugi anche il segretario della Cgil, Susanna Camusso.
Intanto ieri, dopo una lunga gestazione, è arrivato in porto anche il “trasforma-Italia”, più comunemente definito decreto sviluppo. L’ossatura del provvedimento sta nella spinta alle start up e nella cosiddetta Agenda digitale, anche se il piatto forte potrebbe essere il credito d’imposta alle infrastrutture. Sul fronte dell’innovazione in prima fila c’è il documento digitale unificato, che unisce tessera sanitaria e carta d’identita. Entro il 2015 niente più foglietti rossi e bianchi per le ricette mediche, che diventeranno digitali e valide su tutto il territorio nazionale. Via libera anche al fascicolo universitario elettronico, all’obbligo per la Pa di comunicare attraverso la posta elettronica certificata e di pubblicare online i dati in formato aperto e riutilizzabile da tutti. Per l’azzeramento del digital divide vengono stanziate nuove risorse per 150 milioni. A 200 milioni ammonta invece lo stanziamento iniziale a favore delle start up, che potranno godere anche di specifiche detrazioni per gli investimenti, di contratti di lavoro più flessibili, di vantaggi fiscali per gli investimenti e dell’azzeramento degli oneri burocratici. La misura che potrebbe mobilitare più risorse è però la concessione fino al 2015 del credito di imposta al 50% su Ires e Irap per la realizzazione di nuove infrastrutture.

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