mercoledì 31 ottobre 2012

Il governo ci fa pagare la tasse sulle tasse

La tassa sulla tassa. Non è un simpatico scioglilingua, ma l’ultima trovata del governo per spillare altri soldi ai cittadini. I contribuenti rischiano, infatti, di dover pagare l’Iva sull’aggio di Equitalia, ovvero sul compenso che spetta alla società di riscossione per il recupero dei tributi. La folle idea farebbe schizzare verso l’alto la percentuale che già viene caricata sulle cartelle esattoriali, che è del 4,65% delle somme iscritte a ruolo se il pagamento avviene entro 60 giorni e addirittura del 9% oltre quel termine.

La novità è passata sotto silenzio, anche perché è ben nascosta in un cavillo tecnico, ma è praticamente già in vigore, essendo stata inserita nel cosiddetto decreto crescita pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 19 ottobre.
Nel dettaglio, l’articolo 38 del provvedimento è andato a modificare una vecchia legge del 1972 (dpr 633) che prevedeva l’esenzione dall’Iva per «le operazioni relative alla riscossione dei tributi, comprese quelle relativa ai versamenti di imposte effettuati per conto dei contribuenti da aziende ed istituti di credito». In altre parole, anche Equitalia dovrà versare l’imposta allo Stato. Il risultato, inutile dirlo, è che il balzello, come avviene per i servizi forniti dalle aziende, verrà caricato sul cliente finale, che in questo caso è il contribuente tartassato.

Lo scenario, a prima vista, è questo. Ne è convinta Federcontribuenti, che accusa il governo di aver fatto il gioco delle tre carte con le disposizioni varate solo qualche mese fa che avrebbero dovuto alleggerire gli oneri della riscossione. «Siamo al limite dell’abuso causativo di vantaggio patrimoniale a danno dei contribuenti italiani», tuona l’associazione. In effetti, già il salva Italia aveva sbandierato l’introduzione di un principio in base al quale, attraverso una maggiore efficienza e la razionalizzazione delle risorse, Equitalia avrebbe dovuto abbassare l’aggio (fino ad un massimo di quattro punti percentuali) chiesto ai cittadini per il servizio. Concetto ribadito con forza nella spending review di luglio, con cui il governo ha addirittura previsto l’abbassamento dall’9 all’8% già a partire dal gennaio 2013. Con lo scherzetto del cresciItalia, invece, da gennaio al posto della riduzione i contribuenti si troveranno a dover pagare un aggio sulla riscossione, a causa dell’Iva, addirittura più alto di quello attuale. Alla faccia del tentativo di rendere Equitalia più “umana”.
Non sono esclusi, però, colpi di scena. La norma inserita nel decreto crescita sembra infatti la risposta del governo ad una serie di pressioni arrivate dalla Commissione europea la scorsa primavera. La tesi fatta arrivare da Bruxelles al ministero dell’Economia, con una richiesta formale di chiarimenti, è che la normativa comunitaria in materia di Iva non prevede alcuna esenzione per l’attività di riscossione dei tributi. Tanto più che Equitalia è una società per azioni, controllata al 51% dall’Agenzia delle Entrate e al 49% dall’Inps, e deve quindi essere assoggettata al regime dell’imposta sul valore aggiunto come qualsiasi altra azienda di servizi.

La versione circolata allora a Via XX Settembre era che la riscossione non può essere equiparata alla prestazione di un servizio privato, ma deve essere più propriamente ricondotta nella sfera delle attività di rilievo pubblico esercitate dalle autorità. Va letta in questo contesto l’altra modifica apportata dal decreto crescita al dpr 633/72. Intervenendo sull’articolo 4, che contiene la definizione del presupposto soggettivo dell’Iva, il governo ha stabilito espressamente che non si considerano attività commerciali le operazioni effettuate dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni e dagli altri enti di diritto pubblico nell’ambito di attività di pubblica autorità. Il problema, però, è che secondo la Corte di Giustizia Ue l’esclusione vale solo per gli enti pubblici e non per i soggetti di diritto privato. Per evitare il giochino dell’Iva bisognerebbe dunque modificare la natura giuridica di Equitalia, cosa che per ora non sembra nei piani del governo. Nell’attesa di una soluzione, occhio alle cartelle esattoriali. L’ennesima stangata è dietro l’angolo.


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