sabato 27 ottobre 2012

I giovani industriali contro i Prof: «Tasse al 68%? È una confisca»

Se la prendono con i politici i giovani di Confindustria. In particolare con quei «ladri, ignoranti e incapaci» che utilizzano la «carica pubblica per arricchirsi». Con gli «strati parassitari» che vivono sulle palle di chi lavora. Alla fine, però, al di là dell'irrinunciabile affondo anti-casta, le bordate più dure e più applaudite dalla platea di imprenditori riuniti per la tradizionale kermesse di Capri sono quelle scagliate contro i tecnici di Palazzo Chigi. Contro un peso del fisco che è «cresciuto così tanto da diventare una confisca».

Dopo aver snocciolato i dati Ocse, che parlano di una pressione fiscale ufficiale che "toccherà nel 2012 il 45% del Pil» e di un onere sulle imprese che «sarà superiore al 68%», il presidente dei giovani industriali Jacopo Morelli incalza il governo. Il premier Mario Monti, ha detto, «ha riconosciuto che gli italiani stanno dando una grande prova di responsabilità, accettando misure drastiche e impopolari. Se questo è vero, c'è un dovere morale di ridare, subito, fiducia al Paese abbassando, in maniera sostanziale, la pressione fiscale su chi lavora e sulle imprese che reinvestono». I cittadini, ha tuonato, chiedendo un'azione immediata sul fisco per ridare ossigeno all'economia reale, «non sono cavie». Poi, citando un'espressione cara all'ex presidente Emma Marcegaglia (su cui si continua a vociferare di una imminente discesa in campo), Morelli ha ribadito che «il tempo della pazienza è finito». Anche perchè «i colpi della recessione» sono arrivati «nella carne viva del tessuto produttivo: la base industriale si è contratta del 20%. Anche noi contiamo, forse per la prima volta, i caduti sul campo». E le ripercussioni si fanno sentire, ha sottolineato il leader dei giovani industriali, considerato che «perdiamo duemila occupati al giorno».

L'attacco a testa bassa alla «poca crescita» ed al «molto rigore», non hanno scosso più di tanto gli esponenti di Palazzo Chigi presenti a Capri. Anche perché se di fisco e sviluppo si parla, gli interlocutori non sono davvero i tre ministri, Elsa Fornero (Lavoro), Enzo Moavero (Affari europei) e Fabrizio Barca (Coesione territoriale) inviati dal professor Monti a rappresentare il governo. La Fornero si è limitata ad invocare «riforme, riforme, riforme», aggiungendo di «non essere senza cuore» e di voler «ridare speranza ai giovani». Fortuna, verrebbe da dire, che c'è anche chi se la cava senza aspettare il governo. Come, ad esempio, i sindacati e i vertici di Wind, che attraverso una serie di recenti accordi interni, definiti giovedì scorso da Unindustria un benchmark nazionale, sono riusciti ad evitare l'esternalizzazione di 1.700 dipendenti. Quanto a Moavero (Barca interverrà oggi), il suggerimento del ministro è quello di «avere fiducia nella nostra capacità di ripresa, insieme all'Europa». Inutile, ovviamente, cercare risposte nel messaggio inviato ai giovani
confindustriali dal premier, che in un testo letto dallo stesso Morelli ha ribadito per l'ennesima volta che «l'Italia ha fatto in questi mesi scelte difficili e introdotto riforme importanti in modo da voltare pagina» e che un «successo» è possibile «solo dentro una azione comune a livello europeo».

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