sabato 6 ottobre 2012

Operai sulla torre Enel per sbloccare 11 anni di burocrazia

L’assalto al cielo, questa volta, è contro la burocrazia kafkiana. Non ci sono imprenditori furbetti che delocalizzano, manager senza cuore che licenziano o multinazionali spietate a caccia di extraprofitti. C’è solo l’ennesima centrale italiana bloccata per decenni dal solito iter autorizzativo in cui i decreti ministeriali, le delibere regionali, i ricorsi e i controricorsi si mescolano in un mostruoso e inestricabile ingarbuglio. Da un paio di giorni quattro operai dell’impianto a biomasse Enel del Mercure, a Laino Borgo (in provincia di Cosenza) sono saliti sulle ciminiere, a 65 metri di altezza, per chiedere la convocazione urgente di un tavolo istituzionale in vista della Conferenza dei servizi organizzata dalla Regione Calabria per il 10 ottobre che potrebbe sbloccare la riapertura della centrale.
Sul tavolo ci sono circa 100 lavoratori dell’impianto e un migliaio di posti di lavoro della filiera del legno. Ma c’è, soprattutto, la credibilità dell’Italia e dello stesso governo, che da mesi va sbandierando l’introduzione di meccanismi di semplificazione decisionale che avrebbero impedito il ripetersi di episodi simili. La storia del Mercure è, infatti, identica a quella di tante altre centrali italiane ferme da anni per questioni burocratiche. La prima domanda di autorizzazione risale addirittura al 2001 e il primo via libera di tutti i soggetti interessati è datato 2 settembre 2002. È a quel punto che l’Enel, forse con una punta di ottimismo, ha investito 60 milioni di euro per realizzare la conversione della vecchia centrale ad olio combustibile. Ad investimento ultimato si è scatenata la qualunque. Sono scesi in campo, in ordine sparso, ministero dell’Ambiente, Regione Calabria, Regione Basilicata, Ente Parco, Corpo Forestale, Provincia di Cosenza, Tar Calabria, Asl di Castrovillari e di Cosenza, Arpacal, diversi comuni, il Consiglio di Stato. Risultato: la centrale è ancora chiusa.

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