Se la situazione non è drammatica, poco ci manca. Meno di un’impresa industriale su due si rivolge al sistema bancario per avere credito. È quanto emerge da un’indagine di Unioncamere che il presidente, Ferruccio Dardanello, ha presentato ieri al convegno sui Confidi di Eurogroup ”Imprese e voglia di rilancio”. Il 53,7% degli imprenditori del settore manifatturiero, nel 2011, non si è affidato alle banche, erano il 46,5% nel 2010 e il 35,6% nel 2009.
«Senza risorse economiche la guerra non si fa, se non c'è quel filone economico che mi permette di poter investire, di poter innovare di potermi presentare sul mercato internazionale», ha detto Dardanello, «Il problema del credito è uno dei più angusti del paese. Il credit crunch ha esteso i suoi effetti negativi su tutto il sistema delle imprese». E a confermare l’emergenza è stato ance il vicedirettore generale di Bankitalia. «Dopo cinque anni di crisi, dopo due recessioni in successione, il credito si è per forza di cose rarefatto ed è diventato più costoso», ha spiegato Salvatore Rossi. «Come abbiamo documentato nell’ultimo bollettino economico», ha aggiunto l’economista di Palazzo Koch, «c’è un’oggettiva situazione di restrizione del credito alle imprese, che si è comunque attenuata rispetto alla fine dello scorso anno».
Miglioramento semntito, però, dai dati aggiornati provenienti dalle stesse banche, secondo cui a settembre c’è stata una nuova frenata dei finanziamenti bancari a famiglie e imprese che scendono del 2,6% a 1.484,5 miliardi di euro contro il -1,8% del mese precedente. È quanto emerge dal rapporto mensile dell’Abi secondo cui a fine agosto i prestiti alle imprese sono scesi del 2,7% mentre rimangono stabili i prestiti alle famiglie e i mutui salgono dell’1%. In questo scenario, la difesa degli istituti di credito, un po’ curiosa, è che la stretta sia dovuta non tanto alla chiusura dei rubinetti da parte della banche, ma soprattutto dalla mancata volontà delle aziende di scommettere sul futuro e investire. Il direttore centrale dell’Abi, Gianfranco Torriero, ha infatti spiegato che si assiste a una «carenza di domanda». Per questo, ha detto, è importante la messa in cantiere di una «politica di ripresa: il credito cresce quando c’è la domanda per investimenti. Invece siamo 20 punti percentuali sotto rispetto la richiesta di finanziamenti».
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