Viva l’Europa, viva l’euro. Romano Prodi assicura che essere tirato in ballo per la corsa al Quirinale non gli fa alcun effetto. Subito dopo, però, l’ex premier ed ex presidente della Commissione Ue non perde occasione per sfoderare tutto il suo repertorio istituzional-europeista. Un sorta di promemoria (a suo giudizio efficace) per chi, da domani in Parlamento, dovrà esprimere la sua preferenza per il Colle.
«Dopo quello che è successo nei mesi passati», ha detto Prodi nel corso di una lectio magistralis sull’Europa alla pontifica università Angelicum di Roma, «sono convinto che l’euro non verrà disfatto. L’euro rimane un formidabile strumento di unificazione del continente europeo». Accanto alla celebrazione, però, il professore bolognese ci tiene a marcare la differenza dall’altro prof che ancora siede a Palazzo Chigi. Soprattutto rispetto alla Germania, che secondo l’ex premier dovrebbe comportarsi «da Stato guida» in questa fase di recessione. La leadership di Berlino sull’Europa è complicata, ha spiegato Prodi, «perché fa prevalere la politica interna rispetto a una visione europea. Un Paese come la Germania, con una crescita bassa ma con una bilancia commerciale che va meglio di quella cinese e con l’inflazione prossima allo zero, dovrebbe essere interessato a promuovere politiche che incrementino gli investimenti per lo sviluppo». Invece, ha concluso, «alla Germania questo ragionamento non piace e impone una visione nazionale ma di corto respire».
Ma nel corso dell’intervento c’è anche spazio per altre riflessioni. Il ruolo dei partiti, ad esempio, «che sono la base della democrazia», oppure la legge elettorale, che secondo Prodi dovrebbe ispirarsi al doppio turno alla francese, visto che «fotografa la realtà e obbliga a tradurla in governo». Quanto alle tasse, il prof bolognese la prende alla larga. Prima buttandola sullo scherzo. «Chi fa pagare le tasse perde le elezioni», ha detto, «io l’ho provato sulla mia pelle, visto che alle elezioni del 2006 dovevo vincere con uno scarto del 6% e invece, vinsi ma appena appena». Poi, tirando il ballo la sostenibilità del welfare. «La pressione fiscale», ha spiegato, «è un problema che sta condizionando ogni democrazia del mondo». E la perla di saggezza arriva dalle parole di un non meglio identificato ministro cinese, che recentemente avrebbe detto a Prodi che «noi abbiamo sempre più problemi di lungo periodo come la sostenibilità del welfare, la formazione, l’istruzione e la sanità, che continuiamo ad affrontare come problemi del breve periodo».
Sulla partita del Quirinale, invece, il professore si è trincerato dietro una serie di battute. «Che effetto le fa essere chiamato in ballo tutti i giorni per il Colle? «Nessuno», ha risposto ridendo ai cronisti. Ed essere considerato un elemento di divisione? «Sorrido, chiedetelo ha mia moglie». Sono giorni complicati per lei? «No, sono giorni semplicissimi».
Poi, durante il convegno, l’ex premier ha rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda del pubblico sulla situazione politica. Mentre a una docente che auspicava la sua elezione al Colle ha risposto, scherzando, «ma il suo è proprio un vizio, signora!».
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